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*** BREAKING NEWS ***  Nature House One (Interior Design)

3/31/2016

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La Nature House One è la prima delle tre tipologie proposte per l’edificazione del distretto omonimo.
Il progetto di tale proposta sfrutta tecniche progettuali  e tecnologie, assodate e sperimentali, per concepire un’evoluzione formale, tecnologica e filosofica della diffusa casa passiva.
Il design architettonico ha voluto fondere due stili abitativi agli antipodi, la tipica casa tradizionale e la residenza in stile modernista, per creare un unico innovativo design architettonico che può sfruttare i soli pregi degli stili menzionati.
Da una parte si è voluta mantenere la conformazione prospettica delle ville tradizionali, alienandole e fondendo in esse dettagli e materiali modernisti per donare al progetto una spiccata leggerezza e una migliore fruibilità degli spazi interni. La "pesantezza" dell'involucro in laterizio, tipico della casa tradizionale, è sostituito da un sistema di vetrate che consentono di godere del fascino naturalistico dell'area progettuale, ai fruitori delle Nature House One.
Il brand name del progetto non si riferisce solo alla semplice e vantaggiosa ubicazione dell'area di intervento. 
L'idea architettonica infatti sfrutta il particolare design di fusione per innescare la componente naturalistica biofilica(*), elemento essenziale dello stile progettuale del Dahlia studios. Sfruttare quindi dei principi consolidati, ma spesso trascurati dagli architetti, diventa nel progetto delle Nature Houses un valore aggiunto, oltre che essere un metodo per incastonare in maniera soave, l'artefatto architettonico con il delizioso ambiente naturale dell'area di progetto.

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Il design interno della Nature House One è conforme anche esso alla filosofia complessiva del progetto.
Le ampie vetrate e l’ottima illuminazione interna naturale consentono al progetto di adottare cromie interne, che commiste alla vigorosa esplosione visiva esterna,  evocano il fascino estetico del sublime(**).
L’interior design è da considerarsi una reminiscenza delle preistoriche residenze rupestri, dove la natura era la dimora stessa.
I colori e gli arredi utilizzati sono stati ricercati e selezionati accuratamente per rispondere a questi concetti ideologici.
Suppellettili e materiali naturali realizzati dalle migliori aziende sul mercato per rispondere alle esigenze di comfort contemporanee, riescono ad immergere il fruitore della Nature House One in un contesto preistorico e naturalistico, senza però rinunciare alle comodità sviluppate nell’era contemporanea.
Molto interessanti gli arredi utilizzati (sotto menzionati) che hanno anche l’incombenza di evocare i quattro elementi della natura.

(*):  Edward Osborne Wilson rileva empiricamente nell'essere umano la "tendenza innata a concentrare l'attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e in alcune circostanze, ad affiliarvisi emotivamente"
(**): Categoria estetica, Il sublime non deriva, come il bello, dal libero gioco tra sensibilità e intelletto, ma dal conflitto tra sensibilità e ragione. Si ha pertanto quel sentimento misto di sgomento e di piacere che è determinato sia dall’assolutamente grande e incommensurabile, sia dallo spettacolo dei grandi sconvolgimenti e fenomeni naturali che suscitano nell’uomo il senso della sua fragilità e finitezza.


Il legno del tavolo di Agathis australis (Kauri), un materiale tanto antico quanto innovativo, (un legno fossile, mantenuto in uno stato di conservazione perfetta grazie al particolare fango che lo ha conservato nel sottosuolo in assenza di ossigeno, per circa 50000 anni) ci arriva a noi dall’epoca preistorica.
Il caminetto in bioetanolo, evocante l’elemento igneo, da una parte crea l’atmosfera confortevole tipica del caminetto classico, ma mantiene una “purezza” visiva e olfattiva contemporanea e modernista, grazie al combustibile utilizzato.
I rivestimenti interni sono ideati per ospitare materiali naturali; la pavimentazione in resina opaca a ricordare la pietra naturale e le pareti miste, anch’esse in resina e legno, donano all’ospite della residenza la sensazione di vivere in un’epoca, dove la trasformazione per mano dell’uomo, non era ancora avvenuta.
Il resto degli arredi sono ideati anch’essi per accogliere materiali naturali, come l’uso di differenti tessuti in pelle o di altro materiale naturale anacronistico. 

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Prolegomeni all'autentica tecnica dell'Affresco Storico

3/29/2016

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Attualmente la vera tecnica dell’affresco storico si sta via via estinguendo, i fattori sono molteplici.
Noi imputiamo questa morte lenta e silenziosa all'inettitudine di molte accademie artistiche che preferiscono voltarsi da un’altra parte e non guardare, piuttosto che sporcarsi le mani con l’ idrossido di calcio e le sue problematiche.

 Spezziamo anche una lancia a favore di quelli che preferiscono volgere lo sguardo altrove e insegnare altro, ribadendo che non è di certo una tecnica di semplice comprensione ed esecuzione, e secondo noi, la crisi artistica del XX secolo ha definitivamente ucciso tale tecnica, considerata parte del passato.
Eppure è una delle poche applicazioni artistiche, se non l’unica ad avere una longevità (se ben eseguita) quasi illimitata, poiché è l’unica tecnica che ingloba chimicamente il colore nel supporto (intonaco-muro), dandogli l’immortalità che non avrebbero le altre tecniche pittoriche (pittura ad olio compresa)

Oggi la crisi artistica e il superficiale approccio all’arte porta a confondere spesso l’autentica tecnica di affresco storico, con la meno complessa e meno duratura tecnica della pittura muraria.
Ricordiamo che il fresco storico si realizza dipingendo direttamente sull’ultimo strato di intonaco (tonachino) IN FASE DI ASCIUGATURA!!!
Questo permette ai pigmenti di integrarsi e di fondersi grazie alla carbonatazione con il muro.
Esso sarà così resistente al deterioramento e quindi più longevo di una semplice pittura muraria.
Per far scomparire una pittura superficiale su parete, basta che  i molteplici fattori antagonisti (umidità, calore, agenti straordinari ecc) vadano ad inficiare sulla superficie dipinta, per far si che il film dipinto, si stacchi o si deteriori con estrema semplicità.
La pittura a fresco se ben eseguita non si danneggia facilmente, i fattori antagonisti possono al massimo alterare le cromie con i decenni e con i secoli, ma l’opera resta intatta.
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Affreschi Minoici (XVI sec. A.C.)

Al di là dei vari passaggi esecutivi teorici, che (per fortuna) ad oggi  vengono divulgati in rete da coloro che capiscono l’importanza di questa tecnica, possiamo annoverare le principali difficoltà esecutive, che non sono di facile studio ma sormontabili solo dopo tanta pratica, riassumibili in due problematiche:
- La difficoltà dovuta alla velocità di esecuzione per via dei stretti tempi di realizzazione, causa carbonatazione
- La modifica cromatica successiva alla carbonatazione.
La Carbonatazione come si può ben capire, è il peggiore “nemico” dell’affresco, risolvere i due problemi sopra citati non è di certo una pratica facile per chi si è avvicinato da poco all’arte pittorica.
Serve avere una buona tecnica commista ad una buona velocità di esecuzione, a cui si deve aggiungere anche una giusta conoscenza delle caratteristiche chimiche dei vari pigmenti che si andranno ad utilizzare.
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Curiosità: Ci è noto da diverse fonti accreditate, che addirittura Leonardo da Vinci, non si trovava a suo agio con la tecnica dell’affresco. Il suo peggior nemico era proprio la carbonatazione della calce, che non era compatibile con il suo stile pittorico che nelle altre opere (ad olio per esempio) appare molto rifinito, ricco di velature.  Per questo motivo pochi sanno che Leonardo non fece mai autentici affreschi (a differenza di Michelangelo Buonarroti ad esempio).
Inventò una variante di affresco, utilizzando sia tempera che olio in sostituzione della vera tecnica storica, che non era compatibile con il suo stile.

... Ma allora il Cenacolo  Vinciano non è un affresco? ...



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​NON è UN AFFRESCO! E’ una pittura muraria fatta con tecnica mista sperimentale, messa a punto dal più grande genio dell’umanità per cercare di emulare la longevità dell’affresco storico avendo però un applicazione più agevole e non avendo i tempi di asciugatura strettissimi e le modifiche cromatiche dati dalla carbonatazione.
Purtroppo il riscontro che si ebbe con questa  tecnica non fu ottimale, questo si nota nel Cenacolo stesso. La grande umidità del sito (Santuario di Santa Maria delle Grazie - Milano)  e la tecnica non proprio duratura (a differenza della vera tecnica dell’affresco storico) hanno fatto si che il Cenacolo Vinciano versa da secoli in un cattivo stato di conservazione, ripetutamente restaurato e tenuto in vita dai lunghi restauri che ha ricevuto.


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La conoscenza dei materiali (e dei colori) e la superficialità Modernista

3/26/2016

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Una delle principali battaglie che noi affrontiamo, che alcuni ci rinfacciano ma che noi reputiamo di vitale importanza per una giusta consapevolezza nel momento della pratica artistica, è la riscoperta dei materiali e il loro giusto utilizzo.
Il modernismo ci ha abituato a disprezzare la complessità nella composizione artistica e architettonica, siamo arrivati al punto di utilizzare centinaia di materiali e strumenti artistici, senza sapere cosa abbiamo tra le mani.
Le castronerie dette e scritte circa un secolo fa da Le Corbusier e co. hanno portato a tutto questo snobismo nei confronti della vera arte e della vera architettura, così che oggi in questo contesto di crisi artistica e architettonica, in assenza di una vera linea culturale e in assenza di concrete nozioni valutative, siamo costretti ad affidarci alle sciocchezze dette da critici (prebendati), per distinguere un’arte degna di nota da una crosta senza anima.
I modernisti hanno sempre denigrato il colore, impugnando delle tesi antiscientifiche che consideravano il colore una minaccia. Le Corbusier ad esempio affermava che il colore si addice alle razze semplici, ai contadini e ai selvaggi. Se avesse letto Goethe forse non avremmo assistito a questo olocausto ideologico.
Saper leggere tra le righe e non superficialmente è una virtù che hanno in pochi, i modernisti hanno da sempre semplificato e strumentalizzato il minimalismo e il loro concetto di semplicità (aliena), portando avanti questo coacervo di ideologie come un caduceo  che avrebbe dovuto uniformare tutto il mondo artistico e architettonico e allo stesso tempo cancellare il passato.

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La stessa convinzione che la scultura greca fosse lasciata nel suo candore naturale, invece di essere colorata, è totalmente errata ed è l’esempio più famoso degli equivoci moderni sull’arte classica, usata per avvalorare e rendere più credibili le proprie tesi.

Semplificare tutto e accostare l’uso del colore ai selvaggi è stato forse l’apice negativo dell’ideologia dell’architetto svizzero e dei suoi adepti, non si è mai interrogato dell’importanza del colore nell’equilibrio dell’animo umano.
Le teorie di Goethe riguardo l’equilibrio generato dalla ricerca cromatica, sono teorie che hanno basi scientifiche solide. Quando parliamo di equilibrio cromatico di una composizione, di un dipinto ci riferiamo ad un uso consapevole dei potenziali psichici dei colori, così da procedere in modo concorde con effetti armonici verso un determinato fine espressivo: dolcezza,  serenità, eccitazione, di provocazione o altro sentimento.
Citando Goethe:
<706. Le molteplici e varie manifestazioni fissate nelle loro diverse fasi e considerate l’una accanto all’altra, producono totalità. Questa totalità è per l’occhio armonia.
709. Affinché sia armonica ogni singola contrapposizione deve contenere totalità.
805. […] Ogni colore singolo stimola nell’occhio, mediante una sensazione specifica, l’aspirazione all’universalità.
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Ovviamente questi concetti scientifici, non implicano che qualsiasi accordo cromatico che possiamo vedere, purché contenente colore, sia armonico e crei la ricercata totalità armonica.
Gli accordi cromatici o più semplicemente il colore che disprezzava tanto Le Corbusier è di certo un mezzo che scotta tra le mani dell’artista, dell’architetto e del designer, il suo equilibrio e il suo giusto utilizzo non è una pratica semplice e adatta a chiunque voglia mettere insieme cromie in modo casuale per creare opere degne di nota.
I suddetti contadini e/o selvaggi, chiamati in causa da Le Corbusier, potevano aver fatto un cattivo uso del colore in passato, ma non per il loro status di selvaggi, semplicemente per mancanza di una teoria di base o di concetti, che secoli dopo sarebbero mancati, per ignoranza e disinformazione, anche ai modernisti stessi, che a differenza loro, preferirono accantonare il problema, demonizzando il totale uso del colore; come se per curare un piccola infezione ad un dito si preferisce tagliare totalmente il braccio del malato.
Credere alla teoria opposta, impugnata da Le Corbusier e dai modernisti, cioè l’annullamento dei colori per avere equilibrio ed armonia, è semplicemente un reale rinvio del problema.
Il bianco non è equilibrio anche se da sempre, simbolicamente e filosoficamente, è stato il colore della purezza, della luce della semplicità e di Dio.
Il bianco e l’utilizzo monocromatico nell’architettura e nell’arte è il massimo apice di squilibrio armonico, è l’espressione di un architettura astratta ed aliena, deleteria per l’essere umano che dovrebbe vivere in spazi determinati da queste ideologie.

A differenza di Goethe, oltretutto Le Corbusier, per portare avanti la sua battaglia ideologica, appoggiava le sue teorie su basi antiscientifiche ed usava la scienza in modo improprio, confondendola spesso con il suo prodotto, “la tecnologia”.
Tale pratica di confusione viene ad oggi attuata dai teorici post modernisti e decostruttivisti, che preferiscono espressioni aliene enfatizzanti il loro ego, piuttosto che opere teoriche e pratiche volte al miglioramento emotivo e vitale dei fruitori delle opere, ovvero gli esseri umani.
Tornando all’argomento di questa pagina di journal, dobbiamo essere consapevoli che l’uso dei materiali e la loro conoscenza, è la chiave per uscire dal vuoto creato dal modernismo.

Come scrive Philp Ball nel suo ottimo libro sul colore, “Questo trascurare l’aspetto materiale del lavoro dell’artista deriva forse da una tendenza culturale dell’Occidente a separare la forma dal contenuto”.
Lo stesso John Gage confessa che “uno degli aspetti meno studiati della storia dell’arte sono gli strumenti dell’arte stessa”
I tubetti artistici derivanti dai pigmenti non sono semplice “colore” nato e confezionato dall’industria che lo genera dal nulla. Sono sostanze con proprietà specifiche, costi e attributi totalmente differenti.

Se il modernismo ha semplificato tutto immergendoci in un contesto industriale di superficialità, indagare e riscoprire i materiali non è una perdita di tempo o una smania faustiana, ma un atto doveroso per la giusta pratica nel mondo delle arti e dell’architettura.

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*** Appendice ***
Dati statistici sostengono che un italiano su quattro non riesce a prestare attenzione ad una lettura di più di quattro righe e sappiamo che la metà dei 3/4 che continua a leggere, interrompe la lettura prima della fine; ciò nonostante per tutti coloro che riescono ad arrivare fino a questo punto a leggere questa piccola appendice, (forse interessati dai temi trattati e non annoiati dal nostro stile di scrittura a volte troppo discorsivo), ribadiamo che questo Dahlia's Journal non è considerato da noi stessi un blog divulgativo, non avendo noi né le competenze né la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno.
Da considerare più come un diario pubblico in cui decidiamo di appuntare periodicamente alcune teorie e piccole informazioni artistiche, estrapolate dai nostri diari privati, con l’unico fine di agevolare la nostra missione e al massimo risultare utile a qualcuno che sappia coglierle.
Con la speranza che lo si legga nella giusta maniera e non si rechi offesa a nessuno mai!


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*** BREAKING NEWS (Updating) ***  Nature House One

3/24/2016

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 Nature House One è la prima delle tre tipologie proposte per l’edificazione del distretto omonimo.
Il progetto di tale proposta sfrutta tecniche progettuali  e tecnologie, assodate e sperimentali, per concepire un’evoluzione formale, tecnologica e filosofica della diffusa casa passiva.
Il design architettonico ha voluto fondere due stili abitativi agli antipodi, la tipica casa tradizionale e la residenza in stile modernista, per creare un unico innovativo design architettonico che può sfruttare i soli pregi degli stili menzionati.
Da una parte si è voluta mantenere la conformazione prospettica delle ville tradizionali, alienandole e fondendo in esse dettagli e materiali modernisti per donare al progetto una spiccata leggerezza e una migliore fruibilità degli spazi interni. La "pesantezza" dell'involucro in laterizio, tipico della casa tradizionale, è sostituito da un sistema di vetrate che consentono di godere del fascino naturalistico dell'area progettuale, ai fruitori delle Nature House One.
Il brand-name del progetto non si riferisce solo alla semplice e vantaggiosa ubicazione dell'area di intervento. 

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L'idea architettonica infatti sfrutta il particolare design di fusione per innescare la componente naturalistica biofilica(*), elemento essenziale dello stile progettuale del Dahlia studios. Sfruttare quindi dei principi consolidati, ma spesso trascurati dagli architetti, diventa nel progetto delle Nature Houses un valore aggiunto, oltre che essere un metodo per incastonare in maniera soave, l'artefatto architettonico con il delizioso ambiente naturale dell'area di progetto.
Le principali scelte progettuali sono ricadute essenzialmente su:
Un calcolo molto accurato delle incidenze solari che hanno permesso di calcolare gli aggetti delle falde per fornire automaticamente delle zone ombreggiate nei giorni estivi e/o nelle ore in cui il sole è alto.
Viceversa questo sistema consentirebbe l’ingresso della luce solare all’interno dell’abitazione, quando la radiazione luminosa del sole è bassa (ore mattutine, ore preserali, giornate invernali) generando assieme alle vetrate un effetto serra volontario, che riscalderebbe gli ambienti interni della casa. La disposizione di un “Serbatoio Elio- Eolico” sperimentale, che ingloba la scalinata degli ingressi dal piano semi-interrato, che sfrutterebbe nelle giornate fredde la radiazione solare, per surriscaldarsi e tramite bocchette di aerazione condurre il calore all’interno delle unità immobiliari (zona notte).
Nelle giornate calde invece, questo serbatoio viene dischiuso tramite aperture meccanicizzate, nei lati nord e sud, permettendo alla vigorosa ventilazione naturale settentrionale, tipica della location, di attraversare il Serbatoio Elio-Eolico, il patio aperto e la casa stessa, quindi di raffrescare l’intero dell’abitazione. [vedi allegati grafici]. Un patio centrale all’edificio che permetterebbe un miglior funzionamento del Serbatoio E-E, e a livello emozionale un giusto apporto della suddetta componente Biofilica, fondamentale per un lieto godimento della casa. L’intero progetto può sfruttare le migliori tecnologie oggi disponibili, dalla domotica, al  pavimento riscaldato,l’impianto geotermico, vetri auto-oscuranti a comando e tant’ altro.

La Nature House One è un progetto unico nel suo genere, poiché sfrutta tecniche e tecnologie consolidate e introduce il sistema del Serbatoio E-E (sperimentale, proposto dal Dahlia Studios) che è assolutamente riservato e calcolato per operare nel luogo ospitante la Nature House One.

(*):  Edward Osborne Wilson rileva empiricamente nell'essere umano la "tendenza innata a concentrare l'attenzione sulle forme di vita e su tutto ciò che le ricorda e in alcune circostanze, ad affiliarvisi emotivamente"


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*** BREAKING NEWS *** Green Hotel vol.2 (Lobby)

3/21/2016

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Per il restyling  della Hall del Green Hotel, il Dahlia studio ha posto il focus progettuale principalmente su un miglioramento degli spazi e su un mitigazione della pesantezza cromatica preesistente, oltre che al mantenimento di  una conformità stilistica con il design delle nuove camere (vedi Green Hotel vol.1).
Tutto questo è stato ideato  prestando una grande attenzione alle cromie e ai materiali utilizzati, che hanno l’incombenza di rievocare il fattore naturalistico che contraddistingue il brand del Hotel e la caratteristica location dove sorge.
Si è voluto focalizzare il target del nuovo design interno, potenziando l’aspetto della tranquillità e dell’intimità, virtù che sono da sempre valori  d’eccellenza del Green Hotel.

L’aspetto preesistente, contraddistinto dalla suddivisione della Hall in sotto-zone (sala da pranzo, sala bar, ingresso), divise da graticci demodè (mantenuti solo a soffitto per motivi tecnici), viene abbandonato per accogliere una progettazione più aperta.
La pavimentazione viene rivisitata con materiali innovativi, come le nuove resine di ultima generazione, che danno all’intera sala un aspetto più salubre e candido.
Le cromie vengono notevolmente schiarite, seppur mantenute in equilibrio da elementi scuri che bilanciano l’armonia visiva della Hall.

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La variazione principale del nuovo interior design è affidata al blocco bancone, che viene restylizzato, senza però essere smantellato completamente, mantenendo quindi  bassi i costi di trasformazione.
La forma preesistente irregolare, viene rettificata tramite pannelli compositi.
Il materiale principale dei suddetti pannelli è il corten forato con taglio laser, generante figure stilizzate che riecheggiano sagome naturalistiche.
La lastra principale in corten,  fa da struttura portante al pannello retrostante in policarbonato bianco connesso ad esso, che combinato con l’illuminazione retrostante,  dà luce ai tagli e alle sagome disegnate.
La forma del nuovo bancone che regolarizza l’andamento scostante di quello preesistente, genera interstizi che vengono riempiti da vasi removibili, ospitanti la specie arborea dell’Acer palmatum dissectum virdis, particolarmente indicata sia per il colore e la forma elegante delle sue foglie, sia per le sue caratteristiche vitali.
Il corten viene preferito rispetto ad altri materiali, sia per le sue doti tecniche, vista la sua capacità di auto-proteggersi dalla corrosione elettrochimica mediante la formazione di una patina superficiale compatta, sia per la sua particolare cromia che ricorda i tronchi degli alberi.
Il verde risulta quindi un colore che in questa conformazione progettuale è riservato esclusivamente alle piante adornanti il bancone; il resto della sala è riservato principalmente al colore bianco equilibrato da accessori neri e dal bancone, come già detto, di colore bruno.

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*** BREAKING NEWS *** Green Hotel vol.1 (Bedrooms)

3/17/2016

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Il Dahlia studio per il restyling del Green Hotel, ha focalizzato la sua attenzione sul miglioramento della funzionalità e sulla comodità degli ambienti oggetto di intervento.
Tutto questo è stato elaborato tenendo presente e  prestando una grande attenzione alle cromie e ai materiali utilizzati, che hanno l’incombenza di rievocare il fattore naturalistico che contraddistingue il brand del Hotel e la caratteristica location dove sorge.
Si è voluto focalizzare il target del nuovo design interno, potenziando l’aspetto della tranquillità e dell’intimità, virtù che sono da sempre valori  d’eccellenza del Green Hotel.
La funzionalità della camera è stata incrementata scegliendo al meglio gli elementi di arredo.
La centralità dell’ambiente è affidata al blocco letto-testa che permette di sintetizzare l’unione tra la funzionalità  e un’estetica ricercata.
Il policarbonato retroilluminato con immagini evocanti la natura, commiste al sistema della testata del letto, permette di potenziare il carattere della stanza, donando profondità alla stessa e un confort concretizzato anche dal tipo di illuminazione indiretta adottata.

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In fondo al letto è posta una piccola postazione multifunzionale, la cui forma si adatta alla struttura del blocco letto-testata. Questa disposizione è fondamentale per una migliore  funzionalità della camera, soprattutto da parte di clienti target, come manager, agenti di commercio e professionisti, che potrebbero usufruire e trasformare la zona in questione, in una provvisoria e comoda  postazione di lavoro.
Adiacente alla parete  del bagno, è posto un armadio minimalista e funzionale ed adiacente ad esso è collocato un mobile ospitante il mini-bar, che risulta sfruttabile, nella sua parte superiore, come un comodo appoggia valige.
L’arredo si compone anche di un paio di sedute, di facile movimento, che conferiscono, insieme al tavolino, una buona mutabilità nella disposizione e un uso personalizzato delle stesse, da parte del cliente.
Tramite questa disposizione, la parete attigua all’ingresso resterebbe libera e comodamente transitabile, sia da parte dei clienti ma anche dagli inservienti dell’hotel.
Questa parete essendo sgombra,  ospita la televisione e un’illuminazione soffusa,  tramite led che generano luce indiretta, che dona una sensazione riposante all’ambiente.

Gli accordi cromatici e i materiali sono stati progettati per creare un forte legame con l’ambiente naturale esterno. Da una parte si è usato un legno nobilitato wengè scuro (sull’interno della testata), e una pelle della stessa tonalità per le sedute, che riservasse profondità, carattere e corposità all’ambiente.  Il secondo colore caratterizzante il design, posto sull’esterno della testata e sugli altri mobili (tavolo, armadio e minibar)è il grigio tè verde scuro. Il resto delle pareti sono assegnati al bianco, che riporterebbe luce e freschezza all’accordo tricromatico.

Questa disposizione e il progetto dei colori da adottare è stato determinato anche dalla richiesta della committenza di mantenere l’attuale assetto strutturale della camera e contenere i costi di realizzazione.
Il nuovo design infatti si impegna a mantenere e valorizzare l’attuale disposizione architettonica, la pavimentazione (moquette color marrone scuro)  e il serramento presente.
Oltretutto la scelta di utilizzare una testata compatta, stile boiserie, è sorta per eliminare azioni invasive nell’impianto elettrico (esempio tracce per un riadattamento dell’impianto di illuminazione), quindi celandolo dietro alle boiserie, il risultato è una riduzione notevole dei costi di realizzazione,  mantenendo però un assetto, elegante e confortevole. 
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DAHLIA – Morte, Miracoli e Vita

3/16/2016

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Come ciuffi d’erba a Leimert Park, siamo fermi da quasi un secolo vegliando accidiosi  sulla carcassa mefitica di quel che resta della Dahlia  riconciliatrice di tutte le arti…
L’Architettura dopo un secolo di stasi dogmatica, ripetitiva e meccanica, standardizzata,  industrializzata, senza più una minima traccia di arte nelle vene e privata totalmente di uno spirito edonistico, come la Dahlia che grida giustizia, vuole degna sepoltura, vuole risorgere!
La sua anima chiede vendetta verso coloro che con occhiali tondi, sigari fumanti  in bocca ed ego da star, seppero cavalcare come delle perfette valchirie, i prodotti più arditi dall’industria,  generando il vero ed unico paradigma del  XX sec.
Il suo spirito commisera  coloro  che autodefinendosi iconoclasti , dopo un secolo, continuano a martoriarla, preferendo un modello stilistico tanto sovversivo quanto dannoso, passato e fuori moda.
Johnsoniani, Lecorbuseriani, progettano, copiano e poi rinnegano i loro padri, i loro idoli, cercando di distaccarsi finalmente da essi, senza però il supporto delle idee e soprattutto del buonsenso, con la pervicacia di chi non impara la lezione dal passato.

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Le Gabbie culturali sono servite, sono ben salde, le abitiamo credendole loft graziosamente arredati, puri, liliali … e BIANCHI!
Il fondamentalismo geometrico ci ha inglobati, non abbiamo reale identità, siamo una generazione di cloni, partoriti e ammaestrati nelle università gestite anch’esse da cloni.
Rimaniamo ancora fermi come i ciuffi d’erba a Leimert Park mentre la Dahlia continua a morire schiacciata dal prodotto vanaglorioso dei figli e dei nipoti dell’industria, dello standard e dell’onanismo.
Basterebbe poco per liberarci dallo schiavismo ideologico architettonico industriale, e tornare ad essere servi leali della Dahlia.
Basterebbe poco a “ruotare” ed osservare  da “differenti posizioni” come gli attuali paradigmi imposti, possano modificare, generando un modello nuovo, sano e che abbia fini adatti alla natura e all’uomo

La Dahlia non sarà più industria, la Dahlia non sarà più standardizzazione ed espressione dell’egotismo dell’ideatore…
La Dahlia risorgerà e sarà la riunificatrice delle arti, rispettando e distaccandosi totalmente dai passati paradigmi, con i soli fini edonistici, alessandrini e biofilici che l’uomo ha sempre abbracciato e per sempre esigerà. 










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