DAHLIA studios
DAHLIA studios
  • Home
  • The DAHLIA's JOURNAL©
  • Studio
    • Team
    • Press
    • Award
  • * VIRTUAL REALITY *
  • [ ARCHITECTURE ]
  • [ LANDSCAPE ]
  • [ INTERIOR DESIGN ]
  • Contacts

The dahlia's
​jo​urnal
©

Encausto (Art)

6/26/2019

0 Comments

 
Paralipomeni alla vera tecnica dell’Affresco Storico

L’ultima fase da eseguire se si vuole realizzare un affresco duraturo e visivamente notevole, è in realtà una fase di pittura “a secco” che si realizza utilizzando particolari “elementi” e materiali, che permettono di “chiudere” il dipinto e donargli un ulteriore strato finale protettivo e lucidante, chiamato tecnicamente encausto.
Notifichiamo da principio che tale fase non è indispensabile, un vero affresco ben eseguito non ha bisogno di una verniciatura a secco finale, ma noi la consigliamo vivamente poiché permette essenzialmente di correggere le modificazioni cromatiche causate dalla carbonatazione e ci permette di rendere più corpose le tonalità dell’opera finita.
I soliti cenni storici ci rivelano che i Romani usavano rivestire l'affresco con uno strato di cera mescolata con olio seccativo o volatile. Su diversi affreschi del Cinquecento è stata passata una mano di cera a guisa di vernice finale. Leon Battista Alberti consiglia una mano di mastice sciolto in cera e olio, facendolo penetrare con una fonte di calore.

Diverse e illimitate applicazioni fanno dell’affresco la tecnica più complessa ma affascinante, noi come sempre riveliamo alcune informazioni del nostro procedimento, che oltretutto è in continua evoluzione e sperimentazione.
Picture
Consigliamo inizialmente di sperimentare la tecnica con una semplice miscela di cera d’api Toscana e acquaragia mischiata a un dipresso in rapporti 1:2.
Il tutto deve essere scaldato a bagnomaria per rendere i grani di cera solubili nel diluente (evitate di scaldare a fiamma viva, per non rischiare inutili incendi).
Questo fluido deve essere usato come veicolo degli stessi pigmenti per realizzare le ultime velature sull’affresco, ovviamente asciutto e dopo aver compiuto la fase di carbonatazione.
Reintegrare le parti di colore alienate dal processo chimico è lo scopo principale di questa tecnica.
Successivamente si procede con velature lievi per imprimere carattere al dipinto. Si può ad esempio dare più carattere ai chiaro-scuri o ai contrasti di luce e ombra facendo risaturare colori che nella carbonatazione avevano subito l’ingrigimento.

L’encausto tende ad asciugarsi molto velocemente, essendo il diluente in genere molto volatile che permetterebbe alla cera di risolidificare con rapidità. Tuttavia noi consigliamo di attendere le solite 24 ore, per procedere alla lucidatura finale, tramite sfregamento vigoroso ma attento dell’encausto con panni di lana.

Per una buona penetrazione dell’encausto nelle parti porose del tonachino affrescato è anche consigliato tenere calda costantemente la miscela di cera d’api e diluente. Riguardo ai consigli mirati di penetrazione tramite calore dell’encausto, enunciati da Vitruvio e Gian Battista Alberti, stiamo studiando tecniche non convenzionali che per il momento lasciamo scritte nei nostri diari privati in attesa di conferme pratiche più soddisfacenti.



RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2019 - All Rights Reserved
0 Comments

*** BREAKING NEWS *** Don Giovanni D’Ercole (Art)

12/10/2018

0 Comments

 
Pubblicato il nuovo quadro raffigurante il Vescovo di Ascoli Piceno Don Giovanni D’Ercole.
L’opera è stata consegnata al Vescovo lunedi 3 dicembre 2018, con la presenza del Vicario Don Emidio Rossi e di altri membri della curia.
Picture
clicca sulla foto per vedere l'opera
0 Comments

*** BREAKING NEWS *** Affresco Annunciazione Gotica - seconda parte (Art)

10/10/2018

0 Comments

 
Abbiamo ufficialmente iniziato le fasi di affresco della seconda parte dell’Annunciazione Gotica nell’Eremo di Santa Maria di Val di Sasso a Fabriano, che interessa la volta stellata al di sopra delle nicchie, realizzate nella scorsa primavera ed estate.
Seguiranno nuovi aggiornamenti nei prossimi mesi.
Picture
Abside dell'Annunciazione Gotica
Picture
Fasi di pre-affresco - "pulitura" dell'intonaco grezzo
Picture
Fase di Affresco - colmo volta stellata
Picture
Backstage con Mons. Stefano Russo - Segretario Generale CEI

​Clicca su una delle precedenti immagini per vedere la prima parte dell'affresco (nicchie)
0 Comments

Vivere in un LunaPark - Il fascino del Sublime

9/17/2018

0 Comments

 
Appare arduo a volte comprendere cosa ci attrae in un opera d’arte o architettonica, dove la semplice idea di bello a volte viene superata da qualcosa che riesce a colpirci e deporre l’immaginazione con l’arguzia dolorosa di un piacere fugace.

Nella concezione di Edmund Burke il sublime è legato al terrore, e il terrore è tanto più spaventoso se legato alla paura peggiore per l'uomo, ossia la morte.
Questo sentimento di terrore però non deve essere vissuto in prima persona, in quanto non sarà più sublime ma paura vera e propria.
Quindi è necessario che il fenomeno terribile sia lontano da noi, che siamo invece al sicuro.
Perché il sublime possa affiorare, è importante che qualcosa minacci le certezze del nostro io interiore.
Burke introduce la distinzione fra il bello e il sublime.
Mentre il bello è una forza generatrice legata ai rapporti umani, stabilito dall’estetica classica attraverso i canoni della proporzione e dell’armonia (poi rivisitati nell’epoca modernista), il sublime è una forza distruttrice, provoca uno shock, un piacere misto a dolore.
Il sublime è istinto e non “illuminazione” è una minaccia all’autoconservazione, il piacere nasce solo a patto di mantenere una distanza di sicurezza, essere protetti, è il “brivido di tale annientamento”.
Per questo motivo quando si parla di sublime non si parla di un oggetto, ma si parla di uno stato d’animo, essendo la sublimità insita nel nostro animo.

Il sublime genera uno scambio continuo fra il soggetto e l’oggetto, tra il dentro e il fuori, come sottolinea Baldine Saint Girons: “è l’evento che accade e il suo accadimento”.
 
Per rendere più chiaro tale concetto ci avvaliamo anche della testimonianza di Arthur Schopenhauer, nel primo volume de Il mondo come volontà e rappresentazione elenca esempi di passaggio dal Bello al più elevato Sublime che spiega:
<il sentimento del bello è semplicemente il piacere provato guardando un oggetto piacevole. Il sentimento del Sublime, invece, è il piacere che si prova osservando la potenza o la vastità di un oggetto che potrebbe distruggere chi lo osserva.>
Inutile dire che la massima esperienza del sublime è indotta dalla natura e dai fenomeni ad essa correlati.
 La natura, considerata nell’opinione estetica come una forza che non ha alcun dominio su di noi, è dinamicamente sublime, e per esserlo, deve essere in grado di generare timore.
Qualsiasi cosa si oppone a noi può essere considerata ostile, quell’ostilità se non può essere controllata dal nostro potere, può generare timore.

Un temporale ornato di vigorosi lampi e tuoni, uragani urlanti che devastano tutto ciò che incontrano, un oceano in tempesta o i vulcani in eruzione, sono esempi di forza distruttrice della natura che annientano il nostro io, limitandoci ad una vana resistenza mista a terrore.
Il loro aspetto però, diventa tanto più attraente per quanto è tremendo, se da una posizione di pericolo, ci spostassimo in una posizione di protezione privilegiata, così da assistere a tali fenomeni, sapendo di essere al sicuro.

Questo esempio dimostra che la sublimità non risiede in un oggetto o in una situazione e quindi nemmeno nella natura stessa, ma risiede nel nostro animo e quindi è da valutare come qualcosa di oggettivo.


Picture
William Turner - Eruzione del Vesuvio
Alcuni pensatori, hanno oltretutto osservato che il sublime nasce nei periodi di crisi. Come tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C, con il passaggio tra politeismo e monoteismo, o come nel XVIII secolo con il crollo dell’ideologia geocentrica e la rivoluzione copernicana, o come nel XX secolo con gli orrori dell’olocausto.

In architettura e nell’arte si è cercato nell’epoca classica e romantica, un’estetica che centrasse i canoni del sublime, legando le opere sia artistiche che architettoniche alla natura.

Oggi con l’avvento del post-modernismo e del decostruttivismo si cerca di rispolverare il sublime, tentando di usarlo, a volte impropriamente, per giustificare le forme aliene delle opere contemporanee degli archistar.
Si cerca di portare avanti una teoria in cui il sublime non si dovrebbe più legare agli spazi naturali, ma alla realtà delle metropoli, caratterizzate a volte dalle sproporzioni degli spazi urbani e dalle folle brulicanti che le invadono.
Un’opera architettonica decostruttivista, con le sue deformazioni, interruzioni, spirali e labirinti, è concepita come tale perché dovrebbe generare la destabilizzazione; secondo le filosofie decostruttiviste il caos generato, a sua volta può provocare stati d’animo piacevoli riconducibili al sublime.
Con questa semplificata spiegazione si cerca di contemplare le opere (a volte irragionevoli) decostruttiviste, come scatenanti il sentimento del sublime

Noi crediamo che il sublime non può esistere senza il suo mezzo provocante per eccellenza, la natura.
Che la natura sia da considerare in maniera preraffaellita, o che sia rappresentata dalle odierne metropoli, è un altro discorso.
Quello che spetta a noi è la giusta progettazione e realizzazione di costruzioni atte ad assicurare un sentimento puro di sublime, ma non di intaccare le nostre città o i nostri migliori luoghi naturalistici, con l’intento di costruire un’opera che debba essere essa stessa sublime; perché è giusto ricordarlo, quando si parla di sublime non si parla di un oggetto, ma si parla di uno stato d’animo.

Il sublime si lega ad avvenimenti terrificanti, e progettare un luogo che possa proteggerci e generare lo stato d’animo sublime non è la stessa cosa che progettare l’avvenimento (o l’edificio) terrificante stesso, quella è una pratica riservata ai progettisti di luna park.
Questo malinteso può solo aiutare a realizzare opere architettoniche aliene che sconvolgerebbero i nostri luoghi vitali, come hanno fatto e stanno facendo molti architetti contemporanei, più che donarci un sentimento fondamentale come il sublime. 


​
​*** Appendice ***
Dati statistici sostengono che un italiano su quattro non riesce a prestare attenzione ad una lettura di più di quattro righe e sappiamo che la metà dei 3/4 che continua a leggere, interrompe la lettura prima della fine; ciò nonostante per tutti coloro che riescono ad arrivare fino a questo punto a leggere questa piccola appendice, (forse interessati dai temi trattati e non annoiati dal nostro stile di scrittura a volte troppo discorsivo), ribadiamo che questo Dahlia's Journal non è considerato da noi stessi un blog divulgativo, non avendo noi né le competenze né la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno.
Da considerare più come un diario pubblico in cui decidiamo di appuntare periodicamente alcune teorie e piccole informazioni artistiche, estrapolate dai nostri diari privati, con l’unico fine di agevolare la nostra missione e al massimo risultare utile a qualcuno che sappia coglierle.
Con la speranza che lo si legga nella giusta maniera e non si rechi offesa a nessuno mai!


RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2018 - All Rights Reserved

0 Comments

Prolegomeni alla vera tecnica dell’affresco. La Sinopia

7/23/2017

0 Comments

 

La Sinopia non è altro che la bozza dell’affresco, il disegno preparatorio che oltre a dividere sull’intonaco grezzo le differenti giornate freschiste, definisce abbozzandoli i principali soggetti dell’opera freschista stessa.
Tale termine prende il nome dalla città di Sinope, che era considerata l’origine della provenienza del pigmento minerale (terra rossa) che veniva impiegato per abbozzare il disegno preparatorio.

Picture

Il nostro metodo freschista ci ha imposto di annullare per comodità, la fase della sinopia, che abbiamo sostituito con un abbozzo a matite e carboncini direttamente sull’intonaco grezzo.
La terra rossa ovviamente la utilizziamo per scopi pittorici, anche negli incarnati, seppur viene spesso sostituita, snaturata e miscelata con altre terre minerali naturali.

Picture

​RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2017 - All Rights Reserved

0 Comments

Dry Brush

6/27/2017

0 Comments

 

Prima di iniziare sfatiamo una credenza errata, il dry brush, per essere autentico, impone che la tecnica sia applicata con pennello “dry” (“asciutto”) ma con colori NON “dry” (ad olio)  , il che vuol dire che non parliamo di applicazioni pittoriche con polveri, come ad esempio  con polvere di grafite, altrimenti il fatto di chiamarlo dry brush sarebbe banale oltre che scontato, essendo l’applicazione con le polveri normalmente in dry ovvero in asciutto.

Il dry brush è una tecnica pittorica che si applica intingendo pennelli a setole dure ed ASCIUTTI su piccole quantità di colori ad olio.
In genere si usano pennelli vecchi, la ragione principale è che questa tecnica stressa le setole e le rovina, il secondo motivo è che i pennelli vecchi avendo le setole più spaiate ed usurate assicurerebbero una sfumatura più naturale ed omogenea.
La seconda fase consiste nell’”asciugare” il pennello intinto. In genere si usa sfregare la punta del pennello su un foglio di carta ruvida, finché le parti umide di colore rimangono sul foglio di sfregamento, con l’intento di mantenere  sul pennello solo i residui di colore secco ma colorante.
Fatto ciò si avrà un pennello che applicato sul nostro disegno o dipinto traccerà pennellate molto morbide e sfumate.
La cosa interessante di questa tecnica è che il colore in dry, se viene applicato su un foglio di carta delicatamente, è possibile cancellarlo con una semplice gomma.
Per questo motivo i principianti quando vedono applicata questa tecnica, pensano che il pennello sia intriso di polvere invece che di semplici colori ad olio, opportunamente asciugati per sfregamento.

Picture

Noi questa tecnica la utilizziamo molto nell’arte pittorica e consigliamo di usarla soprattutto nella rifinitura dei dipinti.
Gli ultimi ritocchi sono importanti, il dry brush ci permetterebbe di rettificare o “caricare” alcune cromie nelle parti sfumate.
Sappiamo che il dry brush se applicato in modo corretto permette di avere sfumature molto dolci e morbide, per questo motivo è ideale applicarle nell’ultima velatura, di finitura, prima della lucidatura. 

Picture

Il dry brush oltre che nella pittura ad olio, trova un grande utilizzo anche nel disegno.
In questo caso l’applicazione di questa tecnica non è consigliata solo nella parte finale, di rifinitura, come nelle opere pittoriche, ma è possibile integrarlo con le sfumature a matita, creando effetti molto interessanti di ombreggiatura e lumeggiatura.
Noi per avere delle buone sfumature nei disegni (in bianco e nero) consigliamo di non usare la tecnica dry brush, essendo molto affascinante ma macchinosa, per via dello sfregamento/asciugatura del pennello.
Per avere delle sfumature in stile dry consigliamo di utilizzare polvere di grafite. Come abbiamo scritto questa tecnica è più comoda e meno artificiosa, ma ricordiamo di non confonderla con il vero dry brush. 

Dobbiamo anche dire che il dry brush trova un’ampia applicazione nel modellismo, soprattutto nella pittura delle superfici dei diorami. Questa tecnica permette di creare effetti molto particolari e variegati nelle parti texturizzate aumentando l’effetto profondità e il rilievo delle superfici.

​

​
​RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2017 - All Rights Reserved
​​

0 Comments

Considerazioni sull’Arte Contemporanea

5/10/2017

0 Comments

 

Non siamo amanti del Modernismo e delle sotto culture nato da esso, questo si è capito.
Oggi però ci interroghiamo più sul “dove siamo arrivati”, invece che dimostrare per l’ennesima volta ai sudditi ignavi di tali paradigmi, che la draconiana gabbia culturale è corrosa dalla ruggine...
…no non è di corten, è ruggine vera e propria e prossima alla dissoluzione.

L’Arte contemporanea, ancora più dell’architettura, sta vivendo un’era emetica.
Questo disastro ideologico cesserà il giorno in cui l’arte sarà libera dalla schiavitù del denaro, dal cilicio del marketing e dal nodo scorsoio imposto da coloro che vogliono solamente arricchirsi con essa.

Controbattiamo immediatamente alle obbiezioni che ai più acuti, possono sorgere leggendo queste righe, essendo lieti di evidenziare la distinzione tra le azioni di un mecenate del passato e un cravattaro moderno.

C’è una grandissima differenza tra il patrocinare e/o commissionare un’opera d’arte (come facevano in passato), e la diffusa pratica moderna di tenere gli artisti chiusi in una galleria-pollaio (a spese dell’artista per giunta), a sfornare sterili uova, presentate da solipsisti critici come dei pezzi Fabergé e poi vendute ad allampanate signore/ine (la cui abbondanza dei conti in banca dei propri padri e/o mariti, è inversamente proporzionali alla loro cultura artistica), come uova d’oro.
Tappezzarsi casa di croste, che siano francobolli o quinte da teatro sporche di vernice, raffiguranti astrattismi o anatomie contorte, non è il giusto modo per supplire alla mancanza di affetto del partner o per contrastare una dismorfofobia latente.

Questo purtroppo coloro che tengono sotto scacco l’arte da anni lo sanno bene.
Gli artisti sono obbligati ad accettare questo trattamento da polli di allevamento intensivo per non essere protagonisti di una Bohème Pucciniana nelle loro vite.
La macchina sforna soldi, è a pieno regime, ma questa non è arte, è una catena di montaggio, dove i bulloni le chiavi inglesi e la puzza di olio bruciato è sostituita dall’odore di olio di lino, da sgargianti quadri materici dai colori perlati e da sculture trash crisoelefantine.

Il ciclo produttivo è consolidato, l’artista è poco più di una macchina produttrice di ciò che gli viene detto di produrre, il critico è colui a cui spetta di decidere ciò che diventerà l’oggetto prodotto, (in base alle richieste di mercato), e il gallerista è il venditore finale.

Basta che questa crew abbia tanti soldi e il gioco è fatto. Più se ne hanno più se ne fanno!

Spiegazione approfondita su come fare soldi con l’arte:
(Do not try this at home…Pleaseeeeeee)

-Prendere un qualsiasi soggetto da strada che si presti e trasformarlo in un personaggio, con tanto di cappelli strani, arredi piliferi colorati e atteggiamenti lisergici; usate la fantasia.
-Il passo successivo che dovrebbe essere il più difficile in realtà è il più semplice, ed è quello di “fargli fare arte”. Dal momento che (come hanno detto ed imposto) tutto è arte oggi, non serve inventarsi chissà cosa, basta uno sputo su un muro, una maglia gettata a terra, o ancora meglio una delle tante balorde performance; usate la fantasia e una buona dose di non sense
-Qui subentra il critico, a cui aspetta il ruolo più difficile. Deve trasformare il nulla in arte, è lui l’alchimista.
Le pozioni magiche sono sostituite dalla retorica e dalle doti eristiche, la fatica è tanta, ma poi il successo è assicurato.
-Il gallerista a quel punto dopo aver strapagato il critico/alchimista e dopo aver ricoperto di panegirici e pacche sulle spalle l’ignaro artista; riscuoterà la prebenda che gli servirà per “ri-pompare” il suo business e allargare i guadagni.

Picture

Consiglio:
Nell’arte moderna novantanove volte su cento l’artista non sa cosa sta producendo.
Questo atteggiamento è presentato come un’azione soprannaturale, un po’ come un medium che parla con altri mondi, non sa come farlo, ma ci riesce!
Quindi non chiedete MAI spiegazioni sull’arte prodotta direttamente “dall’artista” stesso, reagirà da pusillanime pericoloso, se va bene si coprirà dietro la finta cultura del proprio critico.

Ma tutto ciò cosa c’entra con il modernismo?
Il Movimento Moderno ha prodotto, forse involontariamente, tutto ciò.
Con questo non significa che affermiamo che tutta l’arte moderna sia da definire immondizia senza spirito.
Ci sono stati (pochi) esempi di arte moderna informale degna di nota e con reali riscontri artistici, dove l’artista sapeva cosa voleva esprimere e per primo dimostrava e difendeva il suo operato.
Rifugiarsi nel luogo comune che nessuno può decidere cosa sia o non sia arte; o ancora peggio considerare tutto arte, è una mascalzonata dell’ultimo secolo.
Questi luoghi comuni uccidono, nel corto periodo, la vera arte, perché danno il potere in mano alla capacità eristica dei critici, quindi ai soldi.
Più volte abbiamo reputato i critici i veri artisti del XX secolo, trasformare il nulla in arte, è la vera arte!


Una cosa che si genera dai soldi e serve per generare soldi non è arte ma industria.
Questa è industria e l'anticonformismo o il fatto di non poterla spiegare è solamente un metodo bieco per pararsi il sedere da eventuali critiche fondate.
Dal 1900 assistiamo alla morte dell'arte ogni giorno...maledetti figli di fontana!

Siamo sicuri che alla lunga i decenni, anzi i secoli riveleranno questi imbrogli organizzati solo per fini di accumulazione di capitale; siamo sicuri che queste condotte verranno stigmatizzate come le più disonorevoli, al pari solo di introiti speculativi sulle sventure delle popolazioni in disgrazia o del guadagno illecito creato sulle indotte credenze religiose manipolate.

"Solo chi conosce le regole può romperle".
Picasso

Picture

​*** Appendice ***
Dati statistici sostengono che un italiano su quattro non riesce a prestare attenzione ad una lettura di più di quattro righe e sappiamo che la metà dei 3/4 che continua a leggere, interrompe la lettura prima della fine; ciò nonostante per tutti coloro che riescono ad arrivare fino a questo punto a leggere questa piccola appendice, (forse interessati dai temi trattati e non annoiati dal nostro stile di scrittura a volte troppo discorsivo), ribadiamo che questo Dahlia's Journal non è considerato da noi stessi un blog divulgativo, non avendo noi né le competenze né la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno.
Da considerare più come un diario pubblico in cui decidiamo di appuntare periodicamente alcune teorie e piccole informazioni artistiche, estrapolate dai nostri diari privati, con l’unico fine di agevolare la nostra missione e al massimo risultare utile a qualcuno che sappia coglierle.
Con la speranza che lo si legga nella giusta maniera e non si rechi offesa a nessuno mai!


RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2017 - All Rights Reserved

0 Comments

Ad ognuno la sua imprimitura

4/19/2017

0 Comments

 

La crisi dell’arte (e dell’architettura) del XX secolo ha sancito, oltre che la scomparsa di antiche tecniche artistiche (vedi affresco) anche una superficialità dei metodi applicativi delle tecniche pittoriche che riescono oggi ancora a  reggere alla rivoluzione modernista.
L’esempio che portiamo oggi dimostra la quasi scomparsa pratica di preparazione dei supporti pittorici, prima dell’attività artistica.
L’arte del XX secolo ci ha abituato ad imbatterci in esempi di arte molto discutibili, ove una buona preparazione della tela pittorica era inutile oltre che (forse) una perdita di tempo.
Molti di noi sono abituati a dipingere su tele commerciali, senza neppure preoccuparsi di preparare il supporto prima dell’attività pittorica.
Riconosciamo che le tele commerciali sono ottime nel rapporto tra qualità e prezzo e, a meno che non vogliate dipingere su dimensioni non standardizzate, le consigliamo vivamente, ovviamente commiste ad un’opportuna preparazione preliminare autentica.
Storicamente l’imprimitura poteva essere preparata mediante l’applicazione di colla animale (collatura) e con la stesura di un piano pittorico (in genere biacca ed olio di lino). Alla fine del XV secolo iniziarono a comparire imprimiture colorate.
Giorgio Vasari scriveva in “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori” cap. XXI “Del dipingere a olio, in tavola e su tele”):
“Conviene prima far una mestica di colori seccativi, come biacca, giallolino, terre da campane, mescolati tutti in un corpo, e un color solo, e quando la colla è secca impiastrarla su per la tavola, il che in molti chiamano l’imprimitura…”

Picture
Fonte: Dr. Costanza Miliani, Dip. di Chimica Università degli Studi di Perugia

Nella sezione stratigrafica (vedi figura) del manto verde del pannello Santo con la spada del polittico di Sant’Agostino, si osserva una imprimitura (1) a base di bianco di piombo (biacca) e giallo di piombo e stagno (giallolino). Lo strato successivo (2) è una miscela di biacca, giallolino e acetato di rame (verdigris) sopra il quale è steso uno strato trasparente di resinato di rame (3).

Oggi grazie all’utilizzo di nuovi materiali e pigmenti, consigliamo di formulare un’imprimitura utilizzando principalmente, colla di coniglio, gesso di bologna, aceto, glicerina ed olio di lino.
La preparazione si opera a bagnomaria sciogliendo colla di coniglio e gesso di bologna. Le dosi devono essere valutate all’uopo osservando il composto che deve risultare cremoso e bianco.
Successivamente si aggiunge aceto che funge da battericida, mentre la glicerina e l’olio di lino servono da elasticizzanti. 

Il fluido finale deve essere della giusta densità cosi da essere steso ancora caldo sulla tela. In genere si allungano due o tre mani, cercando di evitare imperfezioni.
Molto importante è non avere una mestica troppo densa, poiché rischierebbe di avere scarsa elasticità e successivamente alla fase di asciugatura pittorica, potrebbe far insorgere le tipiche screpolature dei quadri antichi (volendo potrete anche generarle volontariamente mantenendo come già detto, un’imprimitura più densa).
I tempi di asciugatura tra uno strato e l’altro sono di circa di 24 ore.
Una volta asciutto l’ultimo strato di imprimitura si può procedere alla prima fase pittorica di abbozzo.
Per i pittori iperrealisti o tutti quelli che preferiscono utilizzare un supporto liscio come la seta, consigliamo di levigare una volta asciutta l’imprimitura con della carta vetrata.

Picture

Finita la levigatura vi proponiamo un piccolo esperimento per comprendere l’importanza della preparazione della tela, mostrando l’aumento di elasticità della stessa.
Provate a spingere con un dito dal retro della tela. Noterete che l’imprimitura tende a creparsi per poi tornare allo stato attuale, dopo aver rilasciato la compressione del dito. Questo fa capire l’elasticità che la tela possederebbe dopo aver applicato l’imprimitura, rendendo possibile anche lo smontaggio della stessa dal supporto e l’arrotolamento  per un migliore trasporto, cosa che senza una buona imprimitura del dipinto risulterebbe impossibile, facendo rischiare distacchi di colore dal supporto meno elastico.

Esistono in commercio anche molti impasti pre-composti che possono farvi risparmiare tempo nella preparazione dell’imprimitura.
Noi consigliamo di applicarla sempre, ne vale anche della longevità delle vostre opere.
P.s.: A volte leggiamo che molti artisti (anche quotati) operano con imprimiture acriliche per opere ad olio. Noi lo sconsigliamo! Siamo sicuri che non sia corretto applicare imprimiture acriliche per opere ad olio e viceversa, imprimiture ad olio per dipinti acrilici!
Ad ognuno la sua imprimitura! 

RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2017 - All Rights Reserved

0 Comments

Le case degli artisti non hanno i muri (?)

10/31/2016

0 Comments

 

Molte persone, specialmente curatori e galleristi, pensano che gli artisti abitino in quartieri con dimore in pieno stile Dogville (Lars Von Trier), dove gli edifici non hanno pareti...

Picture

Al giorno d’oggi è molto frequente imbattersi in galleristi, critici d’arte o semplicemente faccendieri, che usano i poveri (nel vero senso della parola) “artisti” per spolparli del tutto.
Sappiamo tutti purtroppo che gli artisti oggi, come ieri, sono alla canna del gas, ma addirittura pensare che non abbiano pareti su cui appendere i propri quadri diventa difficile da credere.
Eppure se si studia la drammatica situazione, non si può negare la credenza vera o fittizia, che hanno questi sciacalli dell’arte.
Effettivamente molti artisti svendono le proprie opere o ancora peggio, pagano per esporre e vendere, forse hanno ragione loro, forse la stragrande maggioranza dei pittori, disegnatori e artisti figurativi non hanno pareti, e vivono in Dogville!
Ormai è diventata una legge non scritta, ma comunque di comune tradizione, il fatto che se un artista, professionista, dilettante o amatore, voglia tentare di esporre e vendere, debba mettere per forza mano al portafoglio.
In alcuni casi paradossali, ma purtroppo reali, questi avvoltoi pretendono anche di “piegare” gli artisti e indirizzarli a dipingere cosa vuole il mercato (o vorrebbero loro), in genere indirizzandoli su tecniche di veloce esecuzione per aumentare “la produzione” e quindi avere una maggiore quantità di opere da vendere.
Se siete incappati in questo vortice poco dignitoso per la vostra “arte”, disgraziatamente dobbiamo dirvi che siete passati dal campo dell’ARTE al campo dell’INDUSTRIA.
Non c’è molta differenza tra voi che producete fantomatici quadri, illudendovi di fare arte, e una fabbrica che sforna prodotti industriali in modo seriale.
I critici o i galleristi vi dicono cosa produrre, come i manager industriali, studiando il mercato dettano le direttive per migliorare/ modificare  la produzione e quindi aumentare le vendite.
Dobbiamo far capire agli artisti che è giusto retribuire coloro che aiutano a diffondere la nostra arte e a venderla, ma non è ammissibile pagarli a prescindere, senza che otteniamo risultati.
Non si è mai visto nemmeno nell’industria, coloro che sono incaricati a vendere e fare pubbliche relazioni, essere pagati a prescindere, anche se non ottengono risultati.

A chi non è capitato di aprire una mail o ricevere chiamate da parte di critici, piene di complimenti, facendoci credere che saremo i prossimi artisti a rappresentare l’arte contemporanea sui libri di storia?

Picture

Artista: <Pronto chi è?>
…
Gallerista: <Pronto, sono il/la critico/a d’arte XXXXX, lavoro per la famosissima galleria XXXXX e abbiamo avuto modo di visionare le sue opere d’arte…>

Artista: <Grazie non mi interessa, non ho per adesso soldi da invest……>

Gallerista: <..No! A noi non interessano soldi, dobbiamo assolutamente diffondere la sua arte, che potrebbe sin da subito avere ottimi riscontri tecnico-economici bla bla bla, le sue opere possono sin da subito essere piazzate con alte quotazioni di mercato essendo la sua arte unica ed inimitabile, bla bla bla, perché lei è realmente, bla bla bla, oltretutto la nostra galleria opera in 18 città italiane e ha ottimi agganci esteri, con la russiaaa , la cinaaa, e bla bla bla>

Artista: (ingenuamente galvanizzati): <…Grazie mille, si effettivamente faccio un’arte molto particolare, anche io credo che la mia arte bla bla bla, beh effettivamente mi potrebbe interessare perché voi bla bla bla…>

Gallerista:< Grazie per la sua disponibilità, dobbiamo solo chiedervi un piccolissimo sforzo economico, di circa 500 euro, che personalissimamente a voi verrà ridotto a 200 euro, perché avete un’arte molto ma molto bla bla bla, e questi 200 euro serviranno solo a coprire le spese per un catalogo che verrà inviato alle migliori gallerie italiane e ad oltre mille gallerie internazionali, con le vostre biografie, e critiche delle vostre opere redatte dai migliori critici sul territorio nazionale bla bla bla…>

Artista: <No, guardi mi scusi, non mi interessa, come le ho detto per adesso non intendo investir…….>

Gallerista: <Ma guardi che lei è realmente bla bla bla….>

Artista: Tu…..tu…..tu…… [chiamata terminata]

Effettivamente è durissima districarsi nel mondo dell’arte oggi e saper riconoscere i veri professionisti e le gallerie che lavorano in modo serio, dalle altre.
C’è una grande percentuale di sciacalli in questo mondo e dobbiamo stare attenti a saper scegliere. Noi crediamo che i migliori giudici della nostra arte, siamo noi stessi. Noi consigliamo di non svenarci a pagare critici o galleristi, se la nostra arte interessa, uscirà da se in qualche modo.
Dipingete quello che vi piace dipingere, create con il vostro stile anche se vi criticano e vi spingono a fare altro. A qualcuno interesserà la vostra arte, strana o soggettiva che sia. Attenti ai complimenti esagerati, meglio una critica mirata che un panegirico con il solo scopo di circuire.
Se proprio volete mettere mano al portafoglio per crearvi visibilità, sappiate scegliere i soggetti giusti, le fregature sono sempre in agguato, noi proponiamo sempre collaborazioni a percentuale.
Mi aiuti a vendere le mie opere… bene… ti pago una provvigione sulla vendita, così che io lavoro e tu lavori, e nessuno si può permettere di poltrire.
Nessuno dovrebbe permettersi di guadagnare senza impegnarsi e lavorare bene e sodo, se provano a farlo, fategli un favore a queste persone, consigliategli la politica!


​​*** Appendice ***
Dati statistici sostengono che un italiano su quattro non riesce a prestare attenzione ad una lettura di più di quattro righe e sappiamo che la metà dei 3/4 che continua a leggere, interrompe la lettura prima della fine; ciò nonostante per tutti coloro che riescono ad arrivare fino a questo punto a leggere questa piccola appendice, (forse interessati dai temi trattati e non annoiati dal nostro stile di scrittura a volte troppo discorsivo), ribadiamo che questo Dahlia's Journal non è considerato da noi stessi un blog divulgativo, non avendo noi né le competenze né la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno.
Da considerare più come un diario pubblico in cui decidiamo di appuntare periodicamente alcune teorie e piccole informazioni artistiche, estrapolate dai nostri diari privati, con l’unico fine di agevolare la nostra missione e al massimo risultare utile a qualcuno che sappia coglierle.
Con la speranza che lo si legga nella giusta maniera e non si rechi offesa a nessuno mai!


RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2016 - All Rights Reserved

0 Comments

CARA DAHLIA VOGLIO INIZIARE A DIPINGERE – (Parte prima)

10/14/2016

0 Comments

 

Pigmenti o Tubetti Commerciali?
​

Domanda che può risultare scontata ai profani dell’arte pittorica, ma non crediate che la maggioranza degli artisti che espongono nelle gallerie più prestigiose, si siano mai posti certi dilemmi!

Attualmente, fortunatamente per noi è sempre più facile possedere prodotti artistici di buona fattura, ma che purtroppo a volte rendono l’attività pittorica (non l’arte pittorica!) accessibile a tutti, e praticata anche da chi non ha niente da fare al di là di sprecare materiale artistico.

Ovvio quindi che la risposta alla domanda, diventa relativa alle vostre intenzioni:
- Siete tra quelli che con umiltà non si sentono artisti ma vogliono solo impegnare il proprio tempo libero praticando un ottima disciplina?  

- Siete tra quelli che si sentono artisti, che sono sicuri di saper fare arte e (non si sa per quale motivo) perdono tempo a leggere questo post?  

-Siete tra quelli che amano l’arte cosiddetta contemporanea, e che considerano la tecnica pittorica, i materiali e la ricerca, parte del passato?... <Faccio due schizzi astratti su una tela vecchia e bucata, pago il critico e in c**o a queste prosopopee da cariatidi!>

​ALLORA IN QUESTO CASO, LA MIGLIORE SCELTA SONO I TUBETTI COMMERCIALI…
​

Picture

Al di la della tecnica che userete, optate per i tubetti, costano relativamente poco (se vi accontentate delle marche più commerciali), in alcune situazioni li utilizziamo persino noi!
Ci sono solo due appunti da fare. Il primo è che dovete scegliere i tubetti in base alla tecnica che volete fare (quindi non acquistate colori ad olio se volete fare dipinti acrilici, ci è capitato di vedere anche questo). Il secondo, è che vi consigliamo sempre di utilizzare la stessa marca di prodotto, soprattutto nei colori ad olio, quindi non mischiate colori di differenti marche.
Ogni casa produttrice ha le sue composizioni chimiche. Ci sono pittori che si definiscono professionisti, che questa cosa non la rispettano e si fanno spesso domande sul perché i loro dipinti hanno problemi cromatici o modificano nel tempo.

Picture

Se invece come noi, siete mossi da un’indole artistica faustiana, allora vi chiediamo di non accontentarvi dei semplici tubetti commerciali.
LA MIGLIORE SCELTA PER VOI, SONO I PIGMENTI…
Dichiariamo sin da subito, che non sono di facile utilizzo, oltre che alle variabili applicative artistiche, entra nella loro applicazione le tante problematiche chimiche.
Sono ogni giorno sotto effetto di studi, nonostante molti pigmenti vantano secoli di storia ed applicazione. Hanno dei punti a sfavore dati dalla loro difficoltà di gestione, ma hanno moltissimi lati positivi, se si sa come utilizzarli e se siamo in grado di giorno in giorno di ampliare la nostra conoscenza nel loro utilizzo (nel nostro piccolo, nella sezione ART(Materials) di questo Journal, pubblichiamo periodicamente informazioni sui pigmenti più utilizzati).
Prima di tutto diciamo che hanno la virtù di essere universali, essendo la base di tutti i colori commerciali. Nel caso vogliate fare ad esempio opere acriliche, comperando tubetti, il primo passo è scendere “sotto casa” e acquistare i materiali. 

Il giorno che vorrete però cambiare tecnica, ad esempio, passare all’olio ad esempio, sarete obbligati a riacquistare tutta la schiera dei colori da capo. Questo da una parte non vi farà perdere tempo in studi a volte lunghi e faticosi, da una parte però avrete in giacenza tanti colori (tubetti) che spesso resteranno inutilizzati, seccheranno e quindi avrete sprecato materiale e soldi per il loro acquisto.
I pigmenti invece sono, come detto, universali. Le stesse polveri possiamo utilizzarle sia per autoprodurci colori per affreschi, per olio, acrilici, acquerelli, eccetera, addirittura (con le giuste inclinazioni) coloranti per tessuti. 

Picture

L’autoproduzione oltre che permetterci di risparmiare ed evitare sprechi di materiale, ci permette anche di creare miscele di colori personalizzati, sfruttando unioni chimiche particolarmente azzeccate, così da avere luminosità cromatiche, che farebbero invidia a Cesare Mussini in persona.
I pigmenti possono essere inorganici, organici oppure prodotti sinteticamente. Ognuna delle tre categorie può e deve avere differente applicazione. Le miscelazioni sono infinite, e la chimica impone per alcune unioni molta attenzione e tanta conoscenza, per evitare problemi di modificazione cromatica, di resa e addirittura di salute per gli utilizzatori.
​
Ricordiamo che questo non è un blog ma un semplice diario delle nostre attività. Non abbiamo quindi l’arroganza e l’albagia di pretendere di insegnare qualcosa a qualcuno e non siamo nemmeno tenuti a dire tutto e subito. L’arte va gustata, e non vi è arte senza sperimentazione e studio. Non abbiamo fretta di auto proclamarci con termini odiernamente vuoti come “artista”.
Tutto sarà detto con la giusta maniera, a tempo debito e a chi sarà in grado di abbracciare la Dahlia unificatrice.

​*** Appendice ***
Dati statistici sostengono che un italiano su quattro non riesce a prestare attenzione ad una lettura di più di quattro righe e sappiamo che la metà dei 3/4 che continua a leggere, interrompe la lettura prima della fine; ciò nonostante per tutti coloro che riescono ad arrivare fino a questo punto a leggere questa piccola appendice, (forse interessati dai temi trattati e non annoiati dal nostro stile di scrittura a volte troppo discorsivo), ribadiamo che questo Dahlia's Journal non è considerato da noi stessi un blog divulgativo, non avendo noi né le competenze né la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno.
Da considerare più come un diario pubblico in cui decidiamo di appuntare periodicamente alcune teorie e piccole informazioni artistiche, estrapolate dai nostri diari privati, con l’unico fine di agevolare la nostra missione e al massimo risultare utile a qualcuno che sappia coglierle.
Con la speranza che lo si legga nella giusta maniera e non si rechi offesa a nessuno mai!


RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2016 - All Rights Reserved

0 Comments

Paralipomeni alla vera tecnica dell'Affresco Storico _ GIORNATE AL FRESCO

8/6/2016

0 Comments

 

Parliamo di “giornata” in tema di affresco, per indicare la seduta di pittura che viene fatta per ovviare ai tempi ristretti di realizzazione del fresco, causa carbonatazione.
Come abbiamo già detto la carbonatazione è una delle maggiori problematiche di questa tecnica, ci vincola a dipingere con limitati tempi di pittura, in genere dalle 5 alle 8 ore, in base all’umidità e alla temperatura del sito di realizzazione.
Per questo motivo un affresco di svariati metri quadri, necessita di essere diviso in settori.
Ogni settore dovrebbe essere dipinto nei tempi che la “giornata” imporrebbe, quindi in base alla celerità di pittura dell’artista freschista.
L’affresco è una tecnica molto ardua, sia per problematiche intrinseche e pratiche (tempi ristretti di realizzazione, e modificazione cromatica), sia per la precipua organizzazione preliminare che si deve operare per non avere sorprese sgradevoli nella fase pittorica.
Determinare empiricamente le giornate, non vuol dire semplicemente fare il calcolo dei tempi di realizzazione con consequenziale stima dei prezzi.
Il calcolo delle “giornate” non è un semplice preventivo tariffario.

Calcolare le “giornate” vuol dire dividere con metodo e criterio la totalità del dipinto, per avere settori realizzabili con tempi uguali o inferiori alle otto ore.
Se si deve realizzare un VERA opera a fresco in una location con clima caldo e secco (esempio Nord Africa), i tempi di carbonatazione sono perfino inferiori alle 5 ore(da valutare con pietra di paragone per ogni nuova località), quindi il tempo a disposizione spesso è molto ma molto limitato!

Picture

La pre-valutazione delle “giornate” di affresco, è gestita dallo stesso artista che dovrà realizzare l’opera.
Il risultato dovrebbe essere come una vera e propria mappa dove la totalità dell’opera viene divisa come un puzzle. La divisione è a volte complicata perché a livello di superficie i settori non possono e non devono essere divisi costantemente. E’ logico infatti che settori figurativamente poveri (esempio gli sfondi) possano essere dipinti con tempi più rapidi rispetto a settori ricchi di figure.
Ne consegue che queste porzioni avranno una “giornata” più estesa, ovvero un’area da dipingere più ampia.
In realtà quando parliamo di “giornata” freschista, ci riferiamo ad un’unità di misura variabile caso per caso, che determina un valore dimensionale spaziale, più che un valore temporale.

Molto importante nel calcolo delle giornate è la scelta dei punti dove avverrà la divisione dei settori.
In genere si sconsiglia di “spezzare” le figure da dipingere nei punti caratterizzati da vigorose sfumature. Il problema maggiore è dato della modifica cromatica.
Risulterebbe molto ardua l’impresa di recuperare lo stesso colore in “giornate” differenti. Si rischierebbe di avere punti di giuntura visibili, che nemmeno la fase di encausto finale (che spiegheremo in seguito)  riuscirebbe a risolvere.

Il consiglio è di dividere le giornate nei punti a colorazione costante (ad esempio gli sfondi), oppure in punti in cui le forme denotino dei cambi netti di colorazione (ad esempio in punti in cui termina l’incarnato per dar inizio al vestito del soggetto da rappresentare).


​
RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2016 - All Rights Reserved



0 Comments

Più grande è … meno dotati sono…

8/1/2016

4 Comments

 

 A quanto pare l’apoftegma del nostro tempo è,  “Più è grande, più dotati, forti ed imponenti sono”.
Tutti sono plagiati da questa “legge” che viene applicata in quasi tutti  i campi.
Dalle manovre politiche nazionali, alle espansioni commerciali di aziende, fino ad arrivare alle semplici considerazioni che facciamo ogni giorno, questo è per noi il sistema di valutazione di molte realtà. 
Questo ovviamente non è né il luogo né il tempo adatto per inquisire tutte le materialità effettive che dovrebbero o non dovrebbero essere valutate rispetto alla grandezza, di certo siamo consapevoli che la grande maggioranza di beni, performance o virtù, sono qualificabili in base alla dimensione che hanno.

 Il pensiero di oggi, è una critica mirata, in questo caso, al mondo dell’arte pittorica.

Vi siete mai imbattuti in rete in opere pittoriche di questo calibro?

Picture

Tutti penseranno <…che GRANDE pittore, nonostante abbia una tecnica fotografica, riesce anche ad applicarla in grandi tele..> .
Questo è il ragionamento più sbagliato che si possa fare. Ora finalmente sveliamo questo arcano, anche se molti di voi che leggono, crederanno il contrario.
In pittura dipingere semplici soggetti su grandi tele, è sinonimo di insufficienza tecnica!
 Abbiamo precisato aggiungendo la parola “semplici soggetti”, perché nei casi di grandi tele raffiguranti  però MOLTI soggetti di dimensioni di conseguenza non eccessive, NON è ovviamente sinonimo di carenza tecnica.
Sono di esempio i quadri storici, che hanno tele di grandi dimensioni, ma molti soggetti, il che giustifica la grandezza della tela utilizzata.

Picture
ESEMPIO DI DIMENSIONI GRANDE E GIUSTIFICATE DALLA COMPOSIZIONE ARTISTICA: La zattera della Medusa _ Théodore Géricault _ Dimensioni: 491×716 cm

Fare opere “artistiche” con semplicissimi volti, ruscellanti olio o acqua,  così da avere anche “l’effetto bagnato” (che non fa mai male, è di grande impatto visivo ma semplicissimo da dipingere), ovviamente in dimensioni sopra al metro quadro della tela, non è arte ma è una pratica stupida e faticosa.
L’unica cosa che dovete imparare guardando questi quadri è che se volete dipingere opere iperrealistiche anche se non sapete dipingere, dovete comprarvi  GRANDI SUPPORTI!

La cosa triste è che molti di questi “artisti” dopo anni e anni di fatiche e di quadri accumulati in soffitta (se ci entrano), hanno anche il coraggio di domandarsi perché non vendono e perché le gallerie d’arte (quelle vere) non li contattino.

Spiegazione:
Grandi dimensioni ti fanno dipingere grandi settori, quindi di conseguenza i dettagli sono grandi, e li puoi dipingere con facilità. Se dovete ad esempio, dipingere una bocca in una dimensione ridotta, potete essere più o meno bravi dipingendo i difficili e piccoli particolari (esempio le varie sfumature delle labbra e i colpi di luce che essi emettono). Se però decidiate di dipingere quella stessa bocca su una tela di un metro per un metro, allora gli stessi particolari si allargano, le pieghe e i riflessi delle labbra che prima dovevate fare con la punta di un kolinsky 00 (sfiorando appena la tela), ora con le dimensioni maggiorate potete farlo con quel pennello grande vecchio e usurato che non utilizzavate più da anni. Quindi sembrerà un paradosso ai profani, ma all’aumentare della grandezza del soggetto, aumenta la dimensione dei dettagli da dipingere, quindi tutto diventa più facile, anche per chi non ha una grande tecnica pittorica.

Certo serve pazienza a dipingere una tela di un metro quadro rispetto ad una tela più piccola, ma se non hai la dote devi avere la pazienza… e se non hai ne le doti artistiche ne la pazienza???
Diventa astrattista , critico d’arte oppure buttati in politica come tutti!!!
Ovviamente quando osserverete la fotografia del quadro  dipinto tutto diventa iperrealistico poiché i dettagli seppur grandi e dipinti in modo grezzo, una volta scattata la foto appaiono perfetti poiché “ricompattati” dalla fotografia stessa. Per comprendere ciò basta capire il concetto di risoluzione fotografica, non serve dare altre spiegazioni, oltre quelle date.

In rete quest’inganno visivo è difficile a volte da capire e da vedere, molte opere da dietro uno schermo appaiono di un fotorealismo disarmante, proprio per il motivo sopra descritto, poi però dal vivo, nelle gallerie d’arte, cascano i miti.

Ci sono poi anche alcuni iperrealisti bravi tecnicamente che, non si sa per quale motivo, si ostinano a dipingere su macro tele, forse hanno problemi di composizione, non potendo andare al di là della semplice volto, preferiscono farlo grande e attirare l’attenzione del profano osservatore.
[Il discorso della carenza compositiva lo spiegheremo in un altro post, per adesso ci concentriamo solo sulla tecnica]

Noi in generale vi consigliamo di non fidarvi della grande dimensione, senza motivazioni compositive ricche di figure o particolari, in genere dietro tali opere si nasconde una tecnica che dal vivo è scarsa.
Quindi se potete, osservate sempre il quadro dal vivo, e quando vedete grandi  tele con singoli e grandi volti, con singoli e grandi frutti, grandi oggetti, senza composizione, con le solite espressioni ,  se siete nel mondo virtuale, chiudete la fotografia visualizzata, se siete nel mondo reale, uscite dalla galleria.

p.s. Molti ci biasimano di essere aspri nelle critiche, noi rispondiamo che l’arte deve essere fatta imprescindibilmente da tutto e soprattutto  senza secondi fini. Se tu dipingi solo per stupire gli ignoranti sei un ingannatore.
PER QUESTO ALLEGHIAMO:
- UNA FOTO  PIU VICINA DELLO STESSO QUADRO SOPRA MOSTRATO, PER EVIDENZIARE (AI POCHI CHE CAPISCONO DI TECNICA ARTISTICA), LA SCARISTA’ DI DETTAGLI CHE NONOSTANTE LA GRANDE TELA IL FALSO ARTISTA RIESCE A RAPPRESENTARE. (Guardate le cromie utilizzate, vengono usati solo accordi di 3-4 colori, senza profondità cromatica. Purtroppo la tecnica colorista a non si inganna usando macro tele, come la “forma” pittorica)

Picture
grande tela, particolari molto scarsi ( il quadro non è in progress è praticamente finito e come appare nell’opera finita)

- ALLEGHIAMO ANCHE DUE FOTO DI ROBERTO FERRI UN FAMOSO ARTISTA ITALIANO CHE DIPINGE OPERE DI GRANDE TECNICA ARTISTICA, E OTTIME COMPOSIZIONI, SU SUPPORTI DI DIMENSIONI NON ECCESSIVE, A VOLTE ADDIRITTURA RIDOTTE. Per dimostrare che oltre alla critica è giusto rendere onore all’eccellenza.

Picture
Roberto Ferri all’opera
Picture
Opera di dimensioni ridottissime, vista la composizione, eppure ricca cromaticamente con buoni particolare difficili da giostrare in una dimensione di 70x50 cm

​*** Appendice ***
Dati statistici sostengono che un italiano su quattro non riesce a prestare attenzione ad una lettura di più di quattro righe e sappiamo che la metà dei 3/4 che continua a leggere, interrompe la lettura prima della fine; ciò nonostante per tutti coloro che riescono ad arrivare fino a questo punto a leggere questa piccola appendice, (forse interessati dai temi trattati e non annoiati dal nostro stile di scrittura a volte troppo discorsivo), ribadiamo che questo Dahlia's Journal non è considerato da noi stessi un blog divulgativo, non avendo noi né le competenze né la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno.
Da considerare più come un diario pubblico in cui decidiamo di appuntare periodicamente alcune teorie e piccole informazioni artistiche, estrapolate dai nostri diari privati, con l’unico fine di agevolare la nostra missione e al massimo risultare utile a qualcuno che sappia coglierle.
Con la speranza che lo si legga nella giusta maniera e non si rechi offesa a nessuno mai!


RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2016 - All Rights Reserved

4 Comments

Grasso su Magro

6/29/2016

0 Comments

 

La tecnica pittorica del grasso su magro, è una tecnica che trova la sua applicazione nella pittura ad olio.
Per adesso non ci soffermeremo su i vari tipi di diluenti da utilizzare nelle diverse situazioni.
Precisiamo solamente che in generale i diluenti usati nella pittura ad olio possono avere un diverso grado di grassezza e magrezza.
Possiamo prendere come esempio di diluente grasso, l’olio di lino; mentre possiamo considerare magra l’acqua ragia e la trementina.
Questa distinzione implica logicamente che non si può e non si deve dipingere un’opera ad olio con un solo ed unico diluente.
Considerando quindi il fatto che un quadro ad olio necessita di differenti sedute (velature), vien da sé che le prime sessioni di abbozzo verranno sviluppate con un diluente magro mentre le ultime verranno allignate con uno più grasso.

Noi consigliamo sempre di abbozzare l’opera con un diluente molto magro, l’acquaragia.
Questo permetterebbe di avere dei tempi di asciugatura molto più rapidi di una velatura realizzata per esempio con diluente grasso, e ci consentirebbe anche di imprimere il colore della bozza in modo più incisivo all’imprimitura della tela.
Preferiamo come diluente magro la semplice acquaragia rispetto alla trementina perché quest’ultima ha un odore molto forte e mischiata con altri diluenti può risultare addirittura tossica.

Una volta che la nostra opera è stata abbozzata con sola acquaragia, si procede alle successive velature che via via andranno a perfezionare i valori di chiaro scuro e cromatici.
Queste velature dovranno essere sviluppate con una miscela diluente sempre differente.
Le prime sessioni necessiteranno di una miscela molto magra, quindi un mix di acquaragia ed olio di lino, dove l’olio avrebbe una percentuale molto inferiore all’acquaragia.
Con il susseguirsi delle velature il mix di diluenti dovrà via via sempre più ingrassarsi, quindi l’olio di lino (grasso) dovrà sempre più guadagnare una percentuale maggiore nella miscela a discapito dell’acquaragia (magra).

Picture

L’ultima velatura potrebbe essere realizzata con olio di lino puro, che donerebbe all’opera una notevole lucentezza cromatica e una maturità volumetrica.

Ci sono situazioni in cui un’opera d’arte ad olio può essere realizzata con sole due sessioni.
In questo caso la prima (underpainting) si dovrebbe realizzare con diluente magro, volendo solo acquaragia o trementina, mentre la seconda ed ultima velatura si dovrebbe operare con olio di lino puro.

I differenti diluenti che possono essere utilizzati e catalogati come magri o grassi sono esposti in una differente sezione (Arte – Materiali).


​RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2016 - All Rights Reserve

0 Comments

Opera: STILL LIFE N°1

6/17/2016

0 Comments

 

Tecnica: Olio su tela
Ubicazione: Collezione Privata
Dimensioni: 70,00 cm x 50,00 cm
Anno: 2012

Picture

Critica: - Prossimamente -
​
RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2016 - All Rights Reserved
​​

0 Comments

Imparare ad osservare prima di dipingere

5/24/2016

0 Comments

 


​Per comporre una buona opera artistica è fondamentale saper osservare.
Le osservazioni profonde ed attente che si devono fare sono alla base di una buona tecnica artistica e permettono anche di migliorare la qualità delle vostre composizioni.
Si dipinge con il cervello non con le mani, e gli occhi sono i traduttori dell’immagine che arriva al cervello.
La mente quindi la rielabora e poi la ridisegna (tramite le mani)
Se non sappiamo osservare non sappiamo tradurre l’immagine e rielaborarla per poi ridisegnarla.

Picture

Che il modello da rappresentare sia una foto stampata su carta o un modello reale da dipingere dal vivo, una buona osservazione è metà di un’opera artistica!
Tutti possono guardare un determinato modello, ma ognuno lo osserva in modo differente, poiché è il cervello che rielabora l’immagine.
Per questo la sensibilità artistica è determinata dalla sensibilità di osservazione.

​Soffermiamoci di più sui modelli da rappresentare o da comporre, non siate artisticamente superficiali.
Che si stia realizzando una qualsiasi forma di arte, dalla pittura all’architettura, dalla musica alla profumeria, dobbiamo saper tradurre ciò che osserviamo o percepiamo tramite i sensi, e successivamente rielaborare in maniera autonoma. Questo può essere solo fatto con un lavoro precipuo di percezione preliminare (osservazione nel caso di arte visiva).


​RIPRODUZIONE RISERVATA
Dahlia's Journal_©Copyright 2016 - All Rights Reserved
​

0 Comments
<<Previous

    Archives

    November 2020
    October 2020
    September 2020
    August 2020
    July 2020
    June 2020
    May 2020
    April 2020
    March 2020
    February 2020
    January 2020
    December 2019
    November 2019
    October 2019
    September 2019
    August 2019
    July 2019
    June 2019
    May 2019
    April 2019
    March 2019
    February 2019
    January 2019
    December 2018
    November 2018
    October 2018
    September 2018
    August 2018
    July 2018
    June 2018
    May 2018
    April 2018
    March 2018
    February 2018
    January 2018
    December 2017
    November 2017
    October 2017
    September 2017
    August 2017
    July 2017
    June 2017
    May 2017
    April 2017
    March 2017
    February 2017
    January 2017
    December 2016
    November 2016
    October 2016
    September 2016
    August 2016
    July 2016
    June 2016
    May 2016
    April 2016
    March 2016

    Categories

    All
    ARCHITECTURE
    ART
    ART (Materials)
    ART (Perfumery)
    ART(WORK)
    DESIGN
    *** NEWS ***
    PHOTOGRAMMETRY
    VIRTUAL REALITY

    RSS Feed

________________________________________________________________     ©DAHLIA Studios     _____________________________________________________________  
Arch. Stefano Piccinini _ Arch. Simona Alesi
Email: dahlia_studios@yahoo.it
Tel: 338 1866375
Tel: 333 4929993