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Considerazioni sull’Arte Contemporanea

5/10/2017

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Non siamo amanti del Modernismo e delle sotto culture nato da esso, questo si è capito.
Oggi però ci interroghiamo più sul “dove siamo arrivati”, invece che dimostrare per l’ennesima volta ai sudditi ignavi di tali paradigmi, che la draconiana gabbia culturale è corrosa dalla ruggine...
…no non è di corten, è ruggine vera e propria e prossima alla dissoluzione.

L’Arte contemporanea, ancora più dell’architettura, sta vivendo un’era emetica.
Questo disastro ideologico cesserà il giorno in cui l’arte sarà libera dalla schiavitù del denaro, dal cilicio del marketing e dal nodo scorsoio imposto da coloro che vogliono solamente arricchirsi con essa.

Controbattiamo immediatamente alle obbiezioni che ai più acuti, possono sorgere leggendo queste righe, essendo lieti di evidenziare la distinzione tra le azioni di un mecenate del passato e un cravattaro moderno.

C’è una grandissima differenza tra il patrocinare e/o commissionare un’opera d’arte (come facevano in passato), e la diffusa pratica moderna di tenere gli artisti chiusi in una galleria-pollaio (a spese dell’artista per giunta), a sfornare sterili uova, presentate da solipsisti critici come dei pezzi Fabergé e poi vendute ad allampanate signore/ine (la cui abbondanza dei conti in banca dei propri padri e/o mariti, è inversamente proporzionali alla loro cultura artistica), come uova d’oro.
Tappezzarsi casa di croste, che siano francobolli o quinte da teatro sporche di vernice, raffiguranti astrattismi o anatomie contorte, non è il giusto modo per supplire alla mancanza di affetto del partner o per contrastare una dismorfofobia latente.

Questo purtroppo coloro che tengono sotto scacco l’arte da anni lo sanno bene.
Gli artisti sono obbligati ad accettare questo trattamento da polli di allevamento intensivo per non essere protagonisti di una Bohème Pucciniana nelle loro vite.
La macchina sforna soldi, è a pieno regime, ma questa non è arte, è una catena di montaggio, dove i bulloni le chiavi inglesi e la puzza di olio bruciato è sostituita dall’odore di olio di lino, da sgargianti quadri materici dai colori perlati e da sculture trash crisoelefantine.

Il ciclo produttivo è consolidato, l’artista è poco più di una macchina produttrice di ciò che gli viene detto di produrre, il critico è colui a cui spetta di decidere ciò che diventerà l’oggetto prodotto, (in base alle richieste di mercato), e il gallerista è il venditore finale.

Basta che questa crew abbia tanti soldi e il gioco è fatto. Più se ne hanno più se ne fanno!

Spiegazione approfondita su come fare soldi con l’arte:
(Do not try this at home…Pleaseeeeeee)

-Prendere un qualsiasi soggetto da strada che si presti e trasformarlo in un personaggio, con tanto di cappelli strani, arredi piliferi colorati e atteggiamenti lisergici; usate la fantasia.
-Il passo successivo che dovrebbe essere il più difficile in realtà è il più semplice, ed è quello di “fargli fare arte”. Dal momento che (come hanno detto ed imposto) tutto è arte oggi, non serve inventarsi chissà cosa, basta uno sputo su un muro, una maglia gettata a terra, o ancora meglio una delle tante balorde performance; usate la fantasia e una buona dose di non sense
-Qui subentra il critico, a cui aspetta il ruolo più difficile. Deve trasformare il nulla in arte, è lui l’alchimista.
Le pozioni magiche sono sostituite dalla retorica e dalle doti eristiche, la fatica è tanta, ma poi il successo è assicurato.
-Il gallerista a quel punto dopo aver strapagato il critico/alchimista e dopo aver ricoperto di panegirici e pacche sulle spalle l’ignaro artista; riscuoterà la prebenda che gli servirà per “ri-pompare” il suo business e allargare i guadagni.

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Consiglio:
Nell’arte moderna novantanove volte su cento l’artista non sa cosa sta producendo.
Questo atteggiamento è presentato come un’azione soprannaturale, un po’ come un medium che parla con altri mondi, non sa come farlo, ma ci riesce!
Quindi non chiedete MAI spiegazioni sull’arte prodotta direttamente “dall’artista” stesso, reagirà da pusillanime pericoloso, se va bene si coprirà dietro la finta cultura del proprio critico.

Ma tutto ciò cosa c’entra con il modernismo?
Il Movimento Moderno ha prodotto, forse involontariamente, tutto ciò.
Con questo non significa che affermiamo che tutta l’arte moderna sia da definire immondizia senza spirito.
Ci sono stati (pochi) esempi di arte moderna informale degna di nota e con reali riscontri artistici, dove l’artista sapeva cosa voleva esprimere e per primo dimostrava e difendeva il suo operato.
Rifugiarsi nel luogo comune che nessuno può decidere cosa sia o non sia arte; o ancora peggio considerare tutto arte, è una mascalzonata dell’ultimo secolo.
Questi luoghi comuni uccidono, nel corto periodo, la vera arte, perché danno il potere in mano alla capacità eristica dei critici, quindi ai soldi.
Più volte abbiamo reputato i critici i veri artisti del XX secolo, trasformare il nulla in arte, è la vera arte!


Una cosa che si genera dai soldi e serve per generare soldi non è arte ma industria.
Questa è industria e l'anticonformismo o il fatto di non poterla spiegare è solamente un metodo bieco per pararsi il sedere da eventuali critiche fondate.
Dal 1900 assistiamo alla morte dell'arte ogni giorno...maledetti figli di fontana!

Siamo sicuri che alla lunga i decenni, anzi i secoli riveleranno questi imbrogli organizzati solo per fini di accumulazione di capitale; siamo sicuri che queste condotte verranno stigmatizzate come le più disonorevoli, al pari solo di introiti speculativi sulle sventure delle popolazioni in disgrazia o del guadagno illecito creato sulle indotte credenze religiose manipolate.

"Solo chi conosce le regole può romperle".
Picasso

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​*** Appendice ***
Dati statistici sostengono che un italiano su quattro non riesce a prestare attenzione ad una lettura di più di quattro righe e sappiamo che la metà dei 3/4 che continua a leggere, interrompe la lettura prima della fine; ciò nonostante per tutti coloro che riescono ad arrivare fino a questo punto a leggere questa piccola appendice, (forse interessati dai temi trattati e non annoiati dal nostro stile di scrittura a volte troppo discorsivo), ribadiamo che questo Dahlia's Journal non è considerato da noi stessi un blog divulgativo, non avendo noi né le competenze né la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno.
Da considerare più come un diario pubblico in cui decidiamo di appuntare periodicamente alcune teorie e piccole informazioni artistiche, estrapolate dai nostri diari privati, con l’unico fine di agevolare la nostra missione e al massimo risultare utile a qualcuno che sappia coglierle.
Con la speranza che lo si legga nella giusta maniera e non si rechi offesa a nessuno mai!


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