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La conoscenza dei materiali (e dei colori) e la superficialità Modernista

3/26/2016

2 Comments

 

Una delle principali battaglie che noi affrontiamo, che alcuni ci rinfacciano ma che noi reputiamo di vitale importanza per una giusta consapevolezza nel momento della pratica artistica, è la riscoperta dei materiali e il loro giusto utilizzo.
Il modernismo ci ha abituato a disprezzare la complessità nella composizione artistica e architettonica, siamo arrivati al punto di utilizzare centinaia di materiali e strumenti artistici, senza sapere cosa abbiamo tra le mani.
Le castronerie dette e scritte circa un secolo fa da Le Corbusier e co. hanno portato a tutto questo snobismo nei confronti della vera arte e della vera architettura, così che oggi in questo contesto di crisi artistica e architettonica, in assenza di una vera linea culturale e in assenza di concrete nozioni valutative, siamo costretti ad affidarci alle sciocchezze dette da critici (prebendati), per distinguere un’arte degna di nota da una crosta senza anima.
I modernisti hanno sempre denigrato il colore, impugnando delle tesi antiscientifiche che consideravano il colore una minaccia. Le Corbusier ad esempio affermava che il colore si addice alle razze semplici, ai contadini e ai selvaggi. Se avesse letto Goethe forse non avremmo assistito a questo olocausto ideologico.
Saper leggere tra le righe e non superficialmente è una virtù che hanno in pochi, i modernisti hanno da sempre semplificato e strumentalizzato il minimalismo e il loro concetto di semplicità (aliena), portando avanti questo coacervo di ideologie come un caduceo  che avrebbe dovuto uniformare tutto il mondo artistico e architettonico e allo stesso tempo cancellare il passato.

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La stessa convinzione che la scultura greca fosse lasciata nel suo candore naturale, invece di essere colorata, è totalmente errata ed è l’esempio più famoso degli equivoci moderni sull’arte classica, usata per avvalorare e rendere più credibili le proprie tesi.

Semplificare tutto e accostare l’uso del colore ai selvaggi è stato forse l’apice negativo dell’ideologia dell’architetto svizzero e dei suoi adepti, non si è mai interrogato dell’importanza del colore nell’equilibrio dell’animo umano.
Le teorie di Goethe riguardo l’equilibrio generato dalla ricerca cromatica, sono teorie che hanno basi scientifiche solide. Quando parliamo di equilibrio cromatico di una composizione, di un dipinto ci riferiamo ad un uso consapevole dei potenziali psichici dei colori, così da procedere in modo concorde con effetti armonici verso un determinato fine espressivo: dolcezza,  serenità, eccitazione, di provocazione o altro sentimento.
Citando Goethe:
<706. Le molteplici e varie manifestazioni fissate nelle loro diverse fasi e considerate l’una accanto all’altra, producono totalità. Questa totalità è per l’occhio armonia.
709. Affinché sia armonica ogni singola contrapposizione deve contenere totalità.
805. […] Ogni colore singolo stimola nell’occhio, mediante una sensazione specifica, l’aspirazione all’universalità.
>

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Ovviamente questi concetti scientifici, non implicano che qualsiasi accordo cromatico che possiamo vedere, purché contenente colore, sia armonico e crei la ricercata totalità armonica.
Gli accordi cromatici o più semplicemente il colore che disprezzava tanto Le Corbusier è di certo un mezzo che scotta tra le mani dell’artista, dell’architetto e del designer, il suo equilibrio e il suo giusto utilizzo non è una pratica semplice e adatta a chiunque voglia mettere insieme cromie in modo casuale per creare opere degne di nota.
I suddetti contadini e/o selvaggi, chiamati in causa da Le Corbusier, potevano aver fatto un cattivo uso del colore in passato, ma non per il loro status di selvaggi, semplicemente per mancanza di una teoria di base o di concetti, che secoli dopo sarebbero mancati, per ignoranza e disinformazione, anche ai modernisti stessi, che a differenza loro, preferirono accantonare il problema, demonizzando il totale uso del colore; come se per curare un piccola infezione ad un dito si preferisce tagliare totalmente il braccio del malato.
Credere alla teoria opposta, impugnata da Le Corbusier e dai modernisti, cioè l’annullamento dei colori per avere equilibrio ed armonia, è semplicemente un reale rinvio del problema.
Il bianco non è equilibrio anche se da sempre, simbolicamente e filosoficamente, è stato il colore della purezza, della luce della semplicità e di Dio.
Il bianco e l’utilizzo monocromatico nell’architettura e nell’arte è il massimo apice di squilibrio armonico, è l’espressione di un architettura astratta ed aliena, deleteria per l’essere umano che dovrebbe vivere in spazi determinati da queste ideologie.

A differenza di Goethe, oltretutto Le Corbusier, per portare avanti la sua battaglia ideologica, appoggiava le sue teorie su basi antiscientifiche ed usava la scienza in modo improprio, confondendola spesso con il suo prodotto, “la tecnologia”.
Tale pratica di confusione viene ad oggi attuata dai teorici post modernisti e decostruttivisti, che preferiscono espressioni aliene enfatizzanti il loro ego, piuttosto che opere teoriche e pratiche volte al miglioramento emotivo e vitale dei fruitori delle opere, ovvero gli esseri umani.
Tornando all’argomento di questa pagina di journal, dobbiamo essere consapevoli che l’uso dei materiali e la loro conoscenza, è la chiave per uscire dal vuoto creato dal modernismo.

Come scrive Philp Ball nel suo ottimo libro sul colore, “Questo trascurare l’aspetto materiale del lavoro dell’artista deriva forse da una tendenza culturale dell’Occidente a separare la forma dal contenuto”.
Lo stesso John Gage confessa che “uno degli aspetti meno studiati della storia dell’arte sono gli strumenti dell’arte stessa”
I tubetti artistici derivanti dai pigmenti non sono semplice “colore” nato e confezionato dall’industria che lo genera dal nulla. Sono sostanze con proprietà specifiche, costi e attributi totalmente differenti.

Se il modernismo ha semplificato tutto immergendoci in un contesto industriale di superficialità, indagare e riscoprire i materiali non è una perdita di tempo o una smania faustiana, ma un atto doveroso per la giusta pratica nel mondo delle arti e dell’architettura.

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*** Appendice ***
Dati statistici sostengono che un italiano su quattro non riesce a prestare attenzione ad una lettura di più di quattro righe e sappiamo che la metà dei 3/4 che continua a leggere, interrompe la lettura prima della fine; ciò nonostante per tutti coloro che riescono ad arrivare fino a questo punto a leggere questa piccola appendice, (forse interessati dai temi trattati e non annoiati dal nostro stile di scrittura a volte troppo discorsivo), ribadiamo che questo Dahlia's Journal non è considerato da noi stessi un blog divulgativo, non avendo noi né le competenze né la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno.
Da considerare più come un diario pubblico in cui decidiamo di appuntare periodicamente alcune teorie e piccole informazioni artistiche, estrapolate dai nostri diari privati, con l’unico fine di agevolare la nostra missione e al massimo risultare utile a qualcuno che sappia coglierle.
Con la speranza che lo si legga nella giusta maniera e non si rechi offesa a nessuno mai!


RIPRODUZIONE RISERVATA
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2 Comments
Elena
4/25/2016 05:08:59 am

osservazioni curiose e sicuramente stimolanti, ma dobbiamo anche riconoscere l'importanza dell'industria della produzioni di materiali.
Conoscere il prodotto è importante ma l'industria ha portato una maggiore ricchezza dei materiali e quindi più opportunità di utilizzo.
complimenti per il sito.

Reply
Dahlia Studios link
4/25/2016 05:51:09 am

Salve ti ringrazio per i complimenti e soprattutto per il commento, che mi permette di chiarire un punto (del nostro pensiero) che forse non abbiamo spiegato bene e non siamo riusciti a far intendere.
Quando noi parliamo di industria a volte criticandola, non muoviamo una critica alla pratica industriale in se per se, ma muoviamo una critica all'approccio contemporaneo e alle pratiche di artisti, architetti ecc. che utilizzano i precetti industriali per progettare o produrre un bene.
L'industria ha migliorato di molto la società, e qui elogiamo Le Corbusier nella sua pratica di inizio secolo, non ci sentiamo però di idolatrarlo fino in fondo perché, seppur il pensiero modernista aveva un'ottimo riscontro su problematiche di inizio secolo (vedi la crisi abitativa), la teoria Lecorbuseriana si dimostro malsana poichè estremizzava l'idea di industria creando alla fine un modello che risultava risolutore ma dannoso per il futuro.

Rispondendo alla sua domanda, crediamo che l'industria abbia creato tanti materiali fondamentali sia per la pratica artistica che per l'architettura, migliorando tante cose, ma anche qui, se da una parte elogiamo l'industria per i beni che ci mette a disposizione, da un'altra parte ci sentiamo di biasimare fortemente tutti coloro che si sono adagiati su di essa, generando una superficialità di utilizzo degli stessi materiali creati dall'industria stessa.

Un piccolo esempio: Il tubetto di metallo contenente colori ad olio fu inventato alla metà del 1800. Questa novità si dimostrò importante sopratutto per gli impressionisti (che si stavano facendo strada in quel periodo), lo stesso Renoir osservò che senza tubetti non sarebbero esistiti Cezanne, Monet, Pisarro ecc. poichè i tubetti permettevano in maniera agevole, all'artista di dipingere "en plein air".
Questa invenzione fondamentale però non portò gli impressionisti ad adagiarsi sulla comodità dei tubetti, dimenticandosi il complicato studio dei colori, o scordandosi che tra le mani aveva un prodotto chimico con le sue giuste e sbagliate applicazioni.

L'industria in quel caso aveva prodotto qualcosa di buono, che però un secolo dopo avrebbe reso l'artista ozioso e quindi ignorante sull'uso dei pigmenti.
L'industria non è cattiva, è l'atteggiamento che ha creato che è diventato cattivo.
Stesso discorso lo si può fare per la tecnologia.
Migliora tante cose ma la si deve saper utilizzare, e non abusare o ancor peggio strumentalizzare per rendere credibile, appariscente e grandiosa un'opera che in realtà sarebbe scarsa di idea e di utilità.

Grazie ancora!!! e scusi se ho "strumentalizzato" la domanda per chiarire la nostra visione sull'industrianesimo e sulla tecnologia.

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