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L'Affare Sokal

1/9/2017

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Più volte abbiamo criticato e condannato l’atteggiamento eristico decostruttivista, specialmente la sua genesi filosofica, partorita dai noti Intellos francesi ed americani, su tutti Jacques Derrida.
Oggi risulta molto interessante la guerriglia offuscata dai media e sconosciuta ai più, tra le due fazioni ideologiche contrapposte, che vede da una parte i perniciosi ed egocentrici archistar (e i loro numerosi fedeli fiancheggiatori) e dall’altra gli anti-decostruttivisti, a volte progressisti, altre volte misoneisti e privi di idee.
 
La parte più interessante che vogliamo riportare in questa pagina di Journal è una vicenda che racconta un episodio sopraggiunto dallo “schieramento anti-archistar”, riguardante  teorie anti-decostruttiviste, che  furono avvalorate in maniera tanto astuta quanto geniale da due fisici che nel 1996 misero in crisi il pensiero post-modernista e decostruttivista, attaccando in modo empirico le più alte figure filosofiche di tali paradigmi.

Mettendo in evidenza il pensiero di molti intellos francesi e statunitensi, denudarono i giochi lessicali di quest’ultimi aprendo una polemica molto aspra che in seguito prenderà il nome di Affare Sokal.
Interi settori di discipline letterarie e delle scienze sociali si sono convertiti a quello che Alan Sokal e Jean Bricmont chiamarono “postmodernismo”: una corrente intellettuale caratterizzata dal rifiuto più o meno esplicito della tradizione razionalista dell’illuminismo, da elaborazioni teoriche disconnesse da qualsiasi controllo empirico e da un relativismo cognitivo e culturale che considera la scienza alla stregua di una “narrazione”, di un “mito” o di una costruzione sociale tra le altre.

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Jacques Derrida
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Per ribellarsi e mettere sotto i riflettori questo fenomeno, Alan Sokal decise di tentare un esperimento non ortodosso (e non scientifico): sottopose ad una rivista culturale americana Social Text, un falso articolo di filosofia dal titolo “Transgressing the Boundaries: Towards a Transformative Hermeneutics of Quantum Gravity” (Violare le frontiere: verso una ermeneutica trasformativa della gravità quantistica), che era, in realtà, uno scritto nonsense, pieno di palesi non sequitur.
La beffa andò in porto e l’articolo fu pubblicato su un numero speciale della rivista, pensato come risposta alle critiche mosse da illustri scienziati al postmodernismo.
Alan Sokal svelò immediatamente l’inganno, suscitando una pioggia di reazioni sia dalla stampa popolare che accademica.
Lo scandalo atterrò sulle prime pagine del New York Times (Scott 1996), dell’International Herald Tribune (Landsberg 1996), dell’Observer (Londra – Ferguson 1996), perfino in Francia dove su Le Monde ci fu una lunga controversia.

L’eccessivo clamore fu svelato all’approfondita disamina del contenuto dell’articolo. Il testo si rivelò costruito e pieno zeppo di citazioni autentiche di eminenti intellettuali francesi ed americani.
L’unico contributo di Sokal in realtà fu quello di fornire un “collante”  per unire insieme le citazioni ed elogiarle. Gli autori delle famose citazioni, costituivano e costituiscono un vero pantheon della contemporanea “scuola francese”, alcuni di essi, tra cui Derrida, pionieri del pensiero decostruttivista.
Tutta la vicenda due anni dopo fu raccolta ed esposta in maniera più approfondita nel libro “Imposture Intellettuali” (1998).

Il consiglio è quello di trovare e leggere questo libro, che forse non ci renderà degli architetti migliori, ma sicuramente ci farà evitare di cadere nel club dei venditori di fumo o ancora peggio nel fan club di questi ultimi!

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​*** Appendice ***
Dati statistici sostengono che un italiano su quattro non riesce a prestare attenzione ad una lettura di più di quattro righe e sappiamo che la metà dei 3/4 che continua a leggere, interrompe la lettura prima della fine; ciò nonostante per tutti coloro che riescono ad arrivare fino a questo punto a leggere questa piccola appendice, (forse interessati dai temi trattati e non annoiati dal nostro stile di scrittura a volte troppo discorsivo), ribadiamo che questo Dahlia's Journal non è considerato da noi stessi un blog divulgativo, non avendo noi né le competenze né la presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno.
Da considerare più come un diario pubblico in cui decidiamo di appuntare periodicamente alcune teorie e piccole informazioni artistiche, estrapolate dai nostri diari privati, con l’unico fine di agevolare la nostra missione e al massimo risultare utile a qualcuno che sappia coglierle.
Con la speranza che lo si legga nella giusta maniera e non si rechi offesa a nessuno mai!


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